Quarta di Serie A. L’Inter ha ritrovato l’olandese volante. Da Wilkes, re del dribbling e della velocità negli anni 50, a Dumfries che non varrà Maicon ma, se avrà continuità, non farà rimpiangere Hakimi. Due volate sulla destra, cross potenti al centro e reti di Lautaro e Barella. Fra le due volate una crapata di Skriniar aveva già dato ai bauscia sicurezza di risultato. I nerazzurri sono parsi mettere in campo la cattiveria di chi in Champions è stato ingiustamente punito. Contro il Real Madrid l’Inter avrebbe avuto da ridire pareggiando, figuriamoci l’incavolatura ad essere stati sconfitti. Eppure i felsinei, fino al secondo svantaggio, erano apparsi una squadra ben inquadrata, decisa e capace di avanzare con un armonioso palleggio.
Ma i nerazzurri, specialmente dopo l’ingresso di Dzeko in sostituzione dell’infortunato Correa, sono divenuti incontenibili e di un altro pianeta. Brozovic in ogni dove, verticalizzazioni rapide, Lautaro in lotta su ogni pallone e Dumfries centometrista con palla incollata al piede. Primo tempo con una Beneamata dominante. Nel Bologna si sono salvati il portiere e Arnautovic, l’Ibra dei poveri, gli altri … asfaltati. Parte il secondo tempo e subito traversa di Lautaro che quasi la abbatte, tocco di Barella a Dimarco, tiro e intervento di Vecino a fare poker. Grande la scala reale; finta di Lautaro e tocco “di punta” di Dzeko in rete.
Bellissima l’immagine del pubblico del Meazza, in una giornata di così grande spettacolo sarebbe stata una assenza grave.
Peana, applausi, ingresso in campo anche di Sanchez, Ranocchia, Kolarov e Gagliardini. Dopo l’ora di gioco buon allenamento con Dzeko che completa il set: 6-0. Giornata da incubo per i rossoblu che possono sorridere alla fine perché, su una dormita delle riserve interiste, il set si chiude sul 6-1. Sinisa ha commesso l’errore di salire al Meazza pensando di giocare alla pari con l’Inter, non ha valutato la differenza di forze fra i due complessi. Possiamo però osservare, dai risultati delle prime quattro giornate di Serie A, che il fattore campo non è più così determinante, forse il periodo di lockdown ha tolto alle squadre la paura del pubblico avversario?
Grande spettacolo a Verona. Tra Hellas e Maggica è stato tutto un rincorrersi. La Roma è apparsa fortissima ma ha due attaccanti che non aiutano, fanno poco pressing e non rientrano mai. Il nuovo allenatore del Verona, il vecchio lupo Tudor, ha capito che con triangoli rapidi poteva costringere all’inferiorità numerica centrocampo e difesa romana obbligando i centrali ad uscire. Ciò permetteva ai veronesi di bucare il centro area avversario e andare in rete. Infatti, dopo il vantaggio capitolino, il gioco del Verona ha permesso il ribaltamento del risultato. Curioso che la rete del primo vantaggio veneto l’abbia realizzata Caprari divenuto famoso, nel 2008, come raccattapalle rapidissimo nel consegnare ad un attaccante romanista il pallone uscito dal campo in un Roma-Palermo vinto dai giallorossi che hanno segnato proprio sull’azione partita da quel fallo laterale; la velocità di esecuzione ha sorpreso i siciliani. Poi pareggio romano e nuovo vantaggio gialloblù. Assalto finale degli uomini di Mourinho che ha mandato tutti in avanti ma non è riuscito ad evitare la capitolazione. Sarebbe stato più giusto un pareggio.
Bello spettacolo anche a Roma fra Lazio e Cagliari. Partenza sprint della Lazio che, passata in vantaggio, non è riuscita a tenere il risultato anzi, sono passati avanti gli isolani e, per riprenderli, c’è voluto il classico tiro della domenica di Cataldi. Sicuramente non si è ancora capito che gioco nuovo voglia dare Sarri ai laziali. È certo che i biancazzurri, rispetto agli ultimi anni di Serie A, hanno fatto passi indietro. Bravo Mazzarri, nuovo allenatore dei rossoblu, a capire che non poteva giocare in campo aperto per cui, come logico quando sei inferiore e hai un ottimo portiere, ti metti nei tuoi quaranta metri, aspetti e appena puoi vai in contropiede. Evidentemente non è stata giornata per le romane.
Nella quarta di Serie A si è finito col botto. A Torino si sono confrontati i Gobbi, che non potevano più perdere punti, e i casciavit che dovevano comprendere se la loro forza fosse casuale o reale. Appena si sono mosse in campo si è capito che la Juve voleva costringere il Milan ad attaccare e, chiudendo tutti i corridoi, ai lanci lunghi che non servivano non schierando i rossoneri un vero centravanti. Pochi minuti e Morata ha fatto valere la velocità di cui è molto dotato e, con un tocco di classe, infilato il portiere milanista. I bianconeri, con la novità di Cuadrado che spesso convergeva al centro lasciando spazio sulla fascia a Dybala, dominavano a centrocampo, dove Kessie faceva da spettatore non pagante. Gli juventini in quel momento dominavano la partita, creando
occasioni da rete sventate dall’ottimo Maignan. La partita è stata tutt’altro che spettacolare. Chi ha visto Tottenham-Chelsea, in questa giornata di campionato, capisce perché in Europa le nostre squadre fanno piangere.
Il Milan è entrato in campo dopo la mezz’ora ma non è andato al di là di un paio di tiri telefonati di Tonali. A più di mezza Italia spiaceva che la Juve fosse in vantaggio, se comincia a giocare non si ferma più. I rossoneri invece se anche te li trovi avanti di 5/6 punti non fanno paura, prima o poi cederanno. Intanto il mondo politico non dà grandi spunti su cui riflettere. Troppa differenza fra Draghi e tutti gli altri. Quando uno dei cosiddetti capipartito esce con critiche, o suggerimenti improponibili all’attività di Governo, il Presidente ascolta, riflette e decide quanto ritiene più opportuno per il Paese. A questo punto tutti abbozzano e la Meloni dice che è stata presa una decisione sbagliata ma ha grande difficoltà a trovare motivazioni. Nel frattempo l’economia, lentamente, si riprende, la situazione sanitaria migliora , finalmente, permetterà alle aziende di riprendere a relazionarsi fra loro. In particolare potranno farlo durante le grandi fiere internazionali come la EMO che si terrà a Fieramilano-Rho dal 4 al 9 ottobre. Chi vorrà capire come cambieranno le aziende nel breve periodo, faccia un giro in EMO.
Juve e Milan hanno cominciato la ripresa giochicchiando con poco costrutto. Ai rossoneri mancava qualcuno che, quando va avanti, sappia attaccare il primo palo altrimenti i cross dalle fasce non servono. L’impressione è che i due attacchi fossero molto più deboli delle difese. Entrambe le squadre avrebbero potuto segnare ma solo in modo casuale. Per il poco gioco svolto la partita avrebbe meritato di essere in pareggio, non ci fosse stata l’intuizione di Morata sarebbe rimasta su un simpatico 0-0. A proposito di casualità, il pareggio dei milanisti è arrivato su calcio d’angolo: dormita della difesa torinese, Rabiot non salta, testata di Rebic e 1-1. La Juve ha poi cercato di andare avanti ma con fifa del contropiede milanista, il Milan non ha voluti rischiare e, sic rebus stantibus, il pareggio andava bene ad entrambe. Vedremo ora se il Napoli passerà a Udine: se ci riuscirà sarà prima in solitaria altrimenti spazio alle milanesi.