La professoressa Ines Barone, coordinatrice del sondaggio sulla criminalità tra i ragazzi di Napoli, condotto su circa 10mila studenti napoletani, ha parlato dei risultati dell’indagine sulle pagine del quotidiano Il Mattino. Questionario che, spiega, ha “avuto un duplice obbiettivo, da un lato sensibilizzare i giovani e la comunità scolastica sui temi della violenza e della criminalità. Dall’altro, quello di sospingere i ragazzi e le ragazze all’impegno civico“.



Complessivamente, dal sondaggio, spiega Ines Barone, emerge come non ci sia “tanta devozione verso i valori della legalità. I dati sono in chiaroscuro, e questo non può non essere messo in evidenza. Una buona parte dei ragazzi intervistati però ha voglia di legalità” ed è proprio su questi ultimi che “bisogna puntare”. Si dice, inoltre, preoccupata dal fatto che il 5% degli studenti abbia dichiarato di girare con il coltello, perché anche se possono sembrare pochi, “500 ragazzi armati non lo sono affatto. Così come è troppo alta la percentuale di chi non ritiene che un atto illegale sia da denunciare”.



Ines Barone: “Serie tv diffondono modelli sbagliati tra i giovani”

Per invertire quei dati, spiega ancora Ines Barone, è necessario “lavorare sulla credibilità delle istituzioni. Nella scuola si deve operare più per la valorizzazione della legalità” e proprio per questo è suo diretto interesse coinvolgere i ragazzi in forme di associazionismo volte alla legalità”, anche se effettivamente “le percentuali di casi di persone non interessate a farne parte continuano a essere preoccupanti”.

Questa deriva violenta, ci tiene a precisare ancora Ines Barone, è in parte, forse anche notevole, influenzata dalla serie tv. “La tv e i video teatralizzano drammi che nella realtà sono molto diversi”, spiega, e “questo fa in modo che i ragazzi non si rendano conto di cosa sia davvero la camorra. A volte prendono gesti e linguaggi del mondo della malavita e li eleggono a modello” finendo poi per diffonderli “tra i coetanei”. Le serie, e Ines Barone cita in particolare ‘Mare Fuori‘, “favoriscono la diffusione di contenuti spesso fuorvianti. Perché i giovani non hanno gli strumenti per distinguere tra fiction e realtà”. Inoltre, sottolinea in chiusura la docente, “chi proviene da ambienti malsani li porta a scuola. I modelli negativi come i boss, da Raffaele Cutolo ai narcos, purtroppo sono ancora ben conosciuti, ma tanti non sanno chi siano Giancarlo Siani o don Maurizio Patriciello”.