Ogni volta he ci si avvia verso l’estate, la tv generalista entra in letargo. Dato che tra vacanze e belle giornate le persone se ne stanno volentieri fuori casa, il pubblico si riduce di molto e così di pari passo viene ridotta la pubblicità. Di conseguenza i broadcaster si trovano costretti a ridurre i costi, ragione per cui l’estate si trasforma inevitabilmente nella stagione delle repliche.
Finché si tratta di Montalbano o dei capolavori di un tempo va bene, ma le repliche della domenica con la Venier, le serate di canzoni o le premiazioni con ancora la Venier dal vivo sono sinceramente troppo. E sto parlando solo del Servizio pubblico, che non si capisce perché debba seguire una sorta di calendario simile a quello scolastico.
Ma da diversi anni hanno cominciato a salvarci le serie tv offerte dalle piattaforme a pagamento, con una varietà di generi in grado di soddisfare tutti i palati. Nel frattempo, anche le piattaforme si sono moltiplicate, il che ha comportato un paradosso: invece di migliorare, la qualità produttiva è lentamente peggiorata a causa di troppe serie sfornate “cotte e mangiate”, vale a dire ideate e prodotte molto velocemente per cercare di rispondere alla concorrenza colpo su colpo.
L’abuso degli stereotipi e dei format di genere ha preso ogni tanto il sopravvento sulle storie, per cui non c’è un viaggio spaziale senza una passeggiata all’esterno con dei problemi drammatici, né un poliziesco senza rocamboleschi inseguimenti in auto o in moto. L’unica salvezza è offerta dalla presenza di produttori sperimentati come J.J Abrahams e di grandi attori come Kevin Costner, Nicole Kidman o Anthony Hopkins, solo per citarne alcuni. E dei più famosi scrittori e sceneggiatori.
La storia della pay-tv inizia nel 1972, quando la HBO comincia a produrre contenuti in proprio per attrarre abbonati alla propria tv a pagamento. Oltre vent’anni dopo, nel 1997, nasce un distributore di cd per posta leader in America che nel 2008 inizia a diffondere i suoi film in streaming on demand: Netflix. Che oggi conta 233 milioni di abbonati in 190 paesi. La HBO diventa uno dei principali fornitori, provocando una migrazione del grande cinema verso le piattaforme a pagamento, creando non pochi problemi al cinema in sala.
Nel frattempo sono nate parecchie piattaforme concorrenti, come Prime Video, Disney, Paramaount, Hulu e altre ancora, e l’offerta si è decuplicata.
Dai Soprano al Trono di Spade, da Westworld a Homeland, da Breaking Bad a Mad Men, sono state affrontate le narrazioni più diverse con una attenzione strepitosa al cast, alla regia, alla fotografia, alla scelta degli attori. Da quando è stata data agli utenti l’opportunità di vedere le puntate tutte insieme è nato il fenomeno della “binge view” (letteralmente abbuffata di visione): chiudersi in casa in un weekend con generi di conforto e guardarsi di fila tutte le stagioni.
Nonostante tutto questo successo il Wall Street Journal ha appena scritto che “le società di media e intrattenimento hanno registrato perdite per oltre 20 miliardi di dollari dall’inizio del 2020: troppi soggetti, troppe produzioni, alti costi, concorrenza fortissima”. Ne stanno risentendo in particolare le storie di fantascienza, con lunghissimi dialoghi all’interno di un’astronave ricostruita in studio e moltissima computer grafica. Si sono moltiplicate le storie distopiche, fino a inaridirsi quando con la gestione insensata della pandemia la vita quotidiana ha finito per assomigliare a quella raccontata nel celebre romanzo di Orwell “1984”.
Nelle prime puntate di Black Mirror sono state anticipate prassi ora abituali molto preoccupanti come il social credit e la deriva dei robot fuori controllo. Nel giugno scorso, dopo una lunga pausa, è iniziata una nuova stagione, guarda caso spesso ambientata negli anni passati, probabilmente perché il nostro reale presente – come appena rilevato – offre di per sé argomenti fortemente distopici.
Secondo alcuni sociologi, le serie vengono realizzate per abituarci a mutamenti del costume (vedi la fluidità sessuale), o addirittura al transumanesimo, visto che in Altered Carbon il cervello è contenuto in una pila corticale che viene estratta da un corpo malandato per inserirla in uno in buono stato. La tecnica sarebbe quella raccontata nel racconto di Edgar Allan Poe “La lettera rubata”, in cui il principale indizio era appeso alla parete in un quadro, talmente visibile che nessuno se ne accorgeva. Molte sono state le serie a base di pericolosi virus mortali, di incidenti in laboratori di biotecnologia e di pericolose invadenze dell’Intelligenza artificiale nella vita degli esseri umani.
Sicuramente nel prossimo futuro vedremo delle concentrazioni tra piattaforme, tutte quelle presenti oggi non potranno sopravvivere. Quanto alle storie, c’è da augurarsi che invece di distopie si possa tornare a raccontare utopie.
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