I SERMONI RELIGIOSI DEI ROBOT CONSIDERATI MENO CREDIBILI DEI SACERDOTI
Ora potrebbero avere scoperto l’acqua calda gli scienziati della Booth School of Business dell’Università di Chicago ma di sti tempi affermazioni anche banali che però smentiscono la narrazione “politicamente corretta” vale la pena rimarcarle sempre. E così gli scienziati americani scoprono dopo una lunga ricerca che i robot con l’AI (Intelligenza Artificiale) utilizzati per tenere sermoni religiosi di fedi anche diverse non vengono particolarmente tenuti in considerazione dai fedeli.
Si dirà, non una grande scoperta ma appunto pensare che nel mondo secolarizzato di oggi dove le religioni vengono spesso tenute “in disparte” dal potere politico e mediatico, la gente pensa ancora che un giudizio e pensiero sul senso religioso è meglio lasciarle ad un essere umano la riteniamo una piacevole (ri)scoperta. Il ricercatore principale, il Prof. Joshua Conrad Jackson, ha pubblicato i suoi risultati sull’American Psychological Association nel Journal of Experimental Psychology: General, con il titolo “Exposure to Robot Preachers Undermines Reli- gious Commitment”: ebbene, lui e gli altri scienziati colleghi hanno condotto esperimento con il robot umano Mindar presso il tempio buddista Kodai-Ji di Kyoto, in Giappone. Ha trasmesso prediche di 25 minuti sul Sutra del Cuore, ovvero il principio buddista che insegna la “vacuità attraverso l’epitome della compassione”. Risultato? Costato 1 milione di dollari ma nei 398 intervistati dopo i sermoni il segno non è stato lasciato, anzi: i partecipanti hanno visto Mindar come meno credibile e hanno fatto meno donazioni rispetto a coloro che hanno ascoltato il sermone del sacerdote umano, rileva il focus del “Jerusalem Post” sullo studio Usa-Giappone.
LO STUDIO E I RISULTATI SULL’AI NELLA RELIGIONE
I risultati degli altri esperimenti con l’intelligenza artificiale legata alla religione non trovano grandi differenze: tanto in Giappone quanto in Singapore («il robot è stato visto come meno credibile e ha ispirato donazioni minori», spiegano dal tempio Taoist) fino al sermone cristiano tenuto negli Usa questa volta online, si avverte scetticismo nella popolazione. I partecipanti al gruppo del sermone sull’AI hanno riferito che il sermone era meno credibile perché ritenevano che un programma di intelligenza artificiale avesse meno capacità di pensare o sentire come un umano. Così come la messa luterana in Germania con il prete-avatar di ChatGPT non ha affatto convinto i fedeli presenti.
È ancora lo scienziato Jackson a tirare le somme degli esperimenti, spiegando come «i robot non possono credere autenticamente negli agenti soprannaturali se non hanno la capacità di credere, e non possono impegnarsi in comportamenti potenzialmente costosi come il celibato se non sono in grado di sentirne il costo». Insomma, a differenza della classe sacerdotale nelle varie religioni che si applica per aiutare il prossimo, per un maggior sforzo di comprensione e studio, con impegno e anche sacrifici sofferti di una vita non sempre “agiata”, i robot con l’AI possono fare anche bei sermoni ma non potranno sostituire la genuinità e il calore di una persona. «I robot sono semplicemente programmati per fare sermoni o benedizioni senza un’autentica comprensione, impegno o sofferenza per il loro gruppo religioso», conclude lo scienziato Usa. Lo ribadiamo, non è un sconvolgente scoperta eppure quando si guarda la realtà e non la si nasconde con la patina ideologica è comunque sempre un buon risultato: «I robot e i programmi di intelligenza artificiale non possono avere un vero credo religioso, quindi le organizzazioni religiose potrebbero vedere diminuire l’impegno delle loro congregazioni se si affidano più alla tecnologia che a leader umani in grado di dimostrare la loro fede», rileva Jackson. E noi con lui.