Una mamma aspetta il suo primo bimbo. Sente dei dolori, è in ansia. Corre all’ospedale, nella sua città, e chiede, vuole essere visitata. Peccato signora mia, il green pass è scaduto da poco, non ha la terza dose, è passato tempo dalla seconda, faccia un molecolare e torni. Un molecolare così, all’impronta? Devi essere un pezzo grosso, ricco e fortunato, molto fortunato. Ci vogliono giorni. E non c’è tanto tempo, quando senti l’anima che ti fugge dal corpo, e l’anima scivola col sogno del tuo bimbo insieme all’acqua e al sangue, nel parcheggio dell’ospedale.



Così una donna ha perso il suo bambino, perché la burocrazia non perdona. Questa triste storia è accaduta in Sardegna, ed è stata impugnata dal fanatismo no vax per attaccare un’altra volta il governo e la “dittatura sanitaria” che causerebbe mali peggiori della pandemia. Non bisogna cedere a becere strumentalizzazioni. La mamma che anelava un ginecologo tra i dolori di un aborto spontaneo avrebbe perso il suo primo figlio ugualmente. Era alle prime settimane di gravidanza, capita, è la natura che sceglie, in questi casi, e non si può fare nulla. Tranne che l’essenziale, confortare, rassicurare, consolare. Di questo la mamma aveva bisogno, non di essere lasciata sola in un parcheggio a perdere un pezzo della sua vita.



Sappiamo tutti che gli ospedali sono sotto pressione, che medici e infermieri fanno i salti mortali, e nella frenesia di curare e salvare si può sbagliare, si sbaglia. Ma attenzione. Nella frenesia di questo tempo malato, di Covid e di fobie alimentate quotidianamente da numeri e informazioni esasperate e contradditorie, ci si può dimenticare dell’umanità che è la priorità, sempre. Verso una mamma, con una parola buona, verso un vecchio spaesato che non capisce e va guidato, un bambino che piange troppo, un malato che non ha il Covid e viene lasciato a se stesso. Si muore di Covid, a volte, ma anche di tante altre malattie. Si può morire di burocrazia.



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