Dal Recovery Plan alla delega sui servizi segreti, il Presidente Giuseppe Conte è nella “morsa” stretta dei partiti di maggioranza, con in particolare Matteo Renzi che ancora ieri ha posto il nuovo (e forse ultimo) “ultimatum” sulla permanenza del Governo giallorosso: mentre però sulla “partita” del Recovery Fund sono in corso ancora nei prossimi giorni incontri e vertici tra tutti i partiti per trovare una difficile quadra, sul tema più spinoso della delega sugli 007 le tesi (e i retroscena) si sprecano.
Secondo Dagospia, «malgrado i consigli del Quirinale e le pressioni dei partiti della maggioranza (non solo Italia Viva ma anche Pd e M5S), il ‘premier per caos’ non vuole assolutamente cedere la delega dell’intelligence a una forza politica di maggioranza». Conte ha sempre risposto in questi giorni che togliendo la delega alla Presidenza del Consiglio si creerebbe «una struttura bicefala, un’anomalia, una grave compromissione dell’operatività dei servizi». Di contro però, Italia Viva, Pd e Colle (oltre alle opposizioni, ndr) non hanno gradito affatto la tentata “messa in silenzio” della delega mantenuta da Conte durante l’intera emergenza Covid-19.
DELEGA SERVIZI SEGRETI: VIOLANTE VS CICCHITTO
Secondo Dagoreport, infine, la cessione della delega non vuole avvenire neanche ad un uomo di fiducia dello stesso Conte: «un giorno possa entrare in conflitto con il fidatissimo Gennaro Vecchione, capo del Dis. A questo punto, un vecchio un vecchio navigatore del Deep State gli ha pure suggerito la mossa del cavallo: cedere la delega al fido Vecchione e nominare un altro a capo del Dis. Ma ovviamente la cosa irriterebbe ancor di più i partiti della maggioranza». La data da cerchiare in rosso è il 10 gennaio, giorno prefissato secondo tutti i retroscena da Palazzo Chigi per la “fine” della verifica di Governo: o si appiana tutto, oppure il banco salta e le ipotesi sul futuro si moltiplicano.
Sono diverse le tesi emerse in questi giorni circa l’indirizzo da prendere per il Premier di fronte al “nodo” dei servizi segreti: ne scegliamo due, contrapposte, che fanno capo all’ex Ministro Luciano Violante e all’attuale centrista Fabrizio Cicchitto. Secondo un lungo editoriale apparso ieri su Repubblica, Violante sostiene la scelta del Premier Conte dandole anche “copertura” legale e costituzionale: «la nuova legge in vigore concentra nelle mani del premier i servizi, e che questo fu scelto perché quando il potere era diviso fra più ministri i servizi invece di aiutarsi combattevano l’un con l’altro». Alcuni poteri possono essere delegati, conclude Violante, ma sempre comunque un tecnico o un altro esponente del suo stesso partito (questione di non facile lettura visto che ufficialmente Conte un partito suo non ce l’ha ancora, ndr).
Di contro, Cicchitto lamenta la scelta del Premier motivandola in varie distinte ragioni: «Matteo Renzi ha diecimila ragioni nel sostenere che il premier deve mollare il diretto controllo sui servizi, rispetto ai quali non ha né la professionalità né il tempo. A Conte sono concesse cose finora mai permesse a nessuno. Pensiamo cosa sarebbe accaduto se Berlusconi avesse voluto per sé il diretto controllo sui servizi», spiega in un lungo intervento sul Tempo l’ex Forza Italia. Secondo Cicchitto l’ipotesi “difensiva” di Conte sarebbe però l’elemento di maggior timore: «se fosse così, evidentemente vuole avere la certezza che siano coperti e protetti aspetti che non vuol far conoscere della sua vita privata».