In questi giorni (almeno fino a domani) ad Assisi si sta tenendo l’annuale convegno nazionale dei cappellani e degli operatori per la pastorale sanitaria che si è concentrata sul carcere e, soprattutto, sulle alternative che possono dare una speranza ai detenuti e aiutare con il problema del sovraffollamento: proprio a questo guarda l’intervento dell’Arcivescovo Rino Fisichella (riportato da Avvenire) che è intervenuto ieri, poco prima del ministro Carlo Nordio, ma anche del vescovo di Firenze. Una lunga giornata di incontri, tutti costruiti attorno al ruolo costruttivo che il carcere dovrebbe avere nella vita dei detenuti, rispetto all’attuale sistema (sintetizzato dal capo dipartimento della giustizia minorile Antonio Sangermano) che “[li] incapsula nella loro colpa”.
Mons. Fisichella: “Servono alternative per redimere i detenuti”
Soffermandoci su Fiscella, nel suo intervento è partito ricordando che tutto il prossimo millennio sarà dominato “dal progresso della tecnica e dalla cultura digitale”: due strumenti che assieme permettono “di sapere dove sei in qualsiasi momento e anche di sapere cosa stai facendo” e che potrebbero essere alla base di “misure alterative” dal carcere. “Ma possibile”, continua ad interrogarsi l’Arcivescovo, “che con tutta la tecnologia che c’è e ci sarà, non possiamo trovare forme alternative perché chi ha commesso il reato possa essere redento“.
Domande che potrebbero trovare una risposta presto (se qualcuno la cercasse) ma che, per ora, rimangono solo domande poste a vuoto. Tuttavia, di una cosa è certo monsignor Fisichella, ovvero che il tema delle alternative al carcere tornerà preponderante nel Giubileo, pensato dal Papa “realmente con un occhio di riguardo nei confronti dei detenuti”. Quella sarà un’occasione per “coniugare la speranza con segni concreti” perché, e ci ha voluto porre l’accento in modo marcato, il Santo Padre “chiederà l’amnistia ai governi“.
Carlo Nordio: “L’umanità dolente deve essere messa al centro della rieducazione in carcere”
Importanti, oltre a quelli dell’arcivescovo Fisichella, anche i punti su cui si è soffermato il ministro Carlo Nordio, che in una nota letta durante il convegno (e nuovamente riportata da Avvenire) ha rivendicato il suo “sforzo [per] migliorare le condizioni di chi opera e vive in carcere“, aprendo le porte a “più agenti, più educatori, nuovi direttori“, ma anche a “nuovi investimenti, possibilità di lavoro e occasioni di sport”; fermo restando che l’obiettivo rimane il rispetto del “principio costituzionale della pena tesa alla rieducazione” che non può prescindere da “quell’umanità dolente che voi ogni giorno incontrate”.
A queste parole si è collegato anche il già citato Sangermano, che il carcere lo vive con negli occhi dei minorenni e lo conosce bene, ma soprattutto conosce bene la “marea di dolore” che lo permea, invitando chiunque sia in ascolto ad evitare di “mettere sullo stesso piano aggressore e vittima di un reato”. Infine, prezioso anche l’intervento del vescovo di Firenze (Gherardo Gambelli) che sulla falsa riga delle pene alternative proposte da monsignor Fisichella, ricorda che nel carcere la cosa più importate è “l’ascolto delle persone“, che è ciò “di cui hanno più bisogno, perché tanta solitudine, tanta sofferenza”.