E’ stato condannato al carcere un carabiniere che fece ses*o in caserma segnandosi anche l’ora di straordinario. Probabilmente l’esponente dell’Arma sarebbe stato graziato, magari con l’aggiunta di una bella redarguita, per il rapporto avuto con la partner, ma lo smacco di farsi pure pagare mentre non lavorava ha di fatto obbligato i giudici alla condanna. I fatti, come riferiscono i principali quotidiani online, a cominciare dall’Huffington Post, risalgono a più di quattro anni fa, precisamente all’11 gennaio del 2017.



Quel giorno il carabiniere si appartò con due donne nella caserma di Ravenna, consumando un rapporto fra mezzanotte e l’una. Dopo aver fatto quello che doveva, ha appunto segnato l’ora di straordinario motivandola con motivi “improcrastinabili e urgenti”, quando appunto non era vero. Il giudice monocratico del tribunale di Ravenna l’ha condannato a undici mesi con le accuse di truffa, falso e “forzata consegna”.



SES*O IN CASERMA, CARABINIERE CONDANNATO: LE PAROLE DEL LEGALE

Il carabiniere, 50enne, all’epoca dei fatti era appuntato presso una stazione di Ravenna e oggi non lavora più in Emilia Romagna, ma quanto commesso è stato ritenuto troppo grave e uno smacco nei confronti dell’onore dell’Arma. L’avvocato del militare, il signor Enrico Ferri, ha fatto sapere che presenterà Appello alla decisione del tribunale, ma solo dopo aver letto le motivazioni che accompagnano la sentenza, solitamente disponibili poche settimane dopo l’emissione della stessa: “Il mio assistito – le parole del legale che parla di sentenza ingiusta – ritiene assolutamente di non essere responsabile dei reati, in ragione del fatto che ritiene provato di aver svolto e eseguito l’attività lavorativa per cui ha richiesto lo straordinario e di non aver fatto false attestazioni”. Stando alla ricostruzione della Procura, la notte compresa fra il 10 e l’11 gennaio 2017, il carabiniere aveva conosciuto due donne per poi farle entrare negli uffici del comando, riferendo al piantone di dover acquisire informazioni nell’ambito di un’attività investigativa, da qui appunto l’accusa di aver “ingannato” la pubblica amministrazione.

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