Choc in Kenya dove la setta dei digiuni ha provocato ben 179 vittime. In poche parole, coloro che si uniscono a questo gruppo si lasciano morire di fame di modo da poter vedere Gesù. Come si legge sul Corriere della Sera, il predicatore, il capo del gruppo, tale Paul Mackenzie Nthenge si trova in stato di arresto presso la stazione di polizia di Malindi, ed è accusato di omicidio ed istigazione al suicidio. Una vera e propria ecatombe quella avvenuta presso la setta dei digiuni, con i morti che sfiorano quasi le duecento unità, e rinvenuti presso delle fosse comuni, sepolti tutti in un terreno che risulta essere di proprietà del sedicente santone.
I media locali hanno già ribattezzato la vicenda come il «massacro di Shakaola», e poche ore fa si parlava di 150 decessi fra gli appartenenti alla setta, numero che però è salito rapidamente di altri 29 persone, di conseguenza non è da escludere che il bilancio finale possa essere ancora più grave. Tutti i cadaveri, appartenenti a seguaci della setta di Nthenge, sono stati riesumati dalla squadra omicidi della polizia keniota nella foresta del villaggio, nell’entroterra della costa del Kenya. Come detto sopra, i morti della setta dei digiuni sono stati rinvenuti in delle fosse comuni, e pare che sarebbero stati indotti proprio dal sedicente pastore a non mangiare, di modo da “poter vedere Gesù”.
SETTA DEI DIGIUNI IN KENYA: INQUIRENTI TEMONO 600 MORTI
Gli inquirenti temono comunque che il numero delle vittime sia ben più ampio rispetto al già drammatico 179 ed è per questo che si sta continuando ad indagare per ricostruire con esattezza quanto accaduto ed avere il quadro completo della situazione.
Gli investigatori, a riguardo, hanno dichiarato al quotidiano Daily Nation che ci sono ben 609 fedeli, tutti appartenenti alla «Chiesa internazionale della buona novella» di Mackenzie a non aver più dato notizie ai famigliari. Il commissario regionale della costa Rhoda Onyancha, ha aggiunto: «Il numero delle persone tratte in salvo rimane a 72, mentre le persone arrestate sono 65. Circa 93 famiglie hanno fornito campioni di Dna».