Si torna a parlare della settimana corta in Italia, la possibilità di lavorare quattro giorni su sette invece che i canonici cinque. Tutto merito di una indagine realizzata da NielsenIQ, pubblicata da Il Sole 24 Ore, secondo cui l’80 per cento degli intervistati, quindi otto su dieci, si dice favorevole appunto alla settimana lavorativa corta. I motivi sono facilmente intuibili, più tempo libero e quindi maggiori possibilità di gestire la propria famiglia, ma anche gli anziani, la salute e la socialità.



Fra coloro che si sono detti favorevoli, quasi la metà ha dichiarato di avere dei figli, precisamente il 48%, che per due su tre sono gestiti in autonomia o per il 24 per cento dai nonni. C’è anche una piccola percentuale, leggasi l’11 per cento, che invece richiede l’aiuto della baby sitter, spendendo in media 115 euro al mese.



SETTIMANA CORTA, ITALIANI FAVOREVOLI: FRA GESTIONE DELLA FAMIGLIA E DELLA CASA

Dall’indagine NielsenIQ sulla settimana corta emerge anche che poco più di un italiano su tre afferma di gestire da solo famigliari anziani o comunque disabili, mentre la gran parte degli intervistati fa affidamento su un aiuto esterno a cominciare da altri famigliari, badanti e case di riposo, spendendo mediamente 540 euro al mese. Si tratta quindi di due categorie, quelle dei genitori con figli e dei cosiddetti caregiver, che vedrebbero per forza di cosa di buon occhio la settimana corta, potendo così godere di un giorno in più per prendersi cura degli altri.



Il giorno libero in più permetterebbe inoltre di potersi dedicare meglio alla cura della propria casa ma anche al benessere personale, come ad esempio attività fisiche e gite e viaggi. Ma a quali patti scenderebbero gli italiani pur di lavorare un giorno in meno? Orari differenti, una maggiore produttività e meno pause, mentre solo il 10 per cento di chi è stato intervistato lavorerebbe meno giorni in cambio di un minor stipendio.

SETTIMANA CORTA, ITALIANI FAVOREVOLI: I POSSIBILI ASPETTI NEGATIVI E LO SMART WORKING

Di contro, gli intervistati temono maggior carico di lavoro, più pressione e stress, e problemi di coordinamento dell’attività in caso di un lavoro distribuito su 4 giorni invece che i canonici cinque. Nel corso dell’indagine NielsenIQ gli italiani sono stati intervistati anche sullo smartworking, ed è emerso che uno su tre lavora da casa o in modalità ibrida, quindi un po’ in remoto e un po’ in presenza.

La media di smart working sul totale è del 37% delle ore, che corrispondono a circa uno o due giorni sul totale della settimana. In generale quasi la metà degli intervistati (il 49%), si è detta favorevole al lavoro agile, contro il 42 per cento che invece preferisce comunque l’ufficio. Fra i lati positivi del lavoro da casa, l’azzeramento dei tempi di trasferimento e la riduzione delle spese, mentre gli aspetti che incidono più negativamente sono il rischio di un isolamento sociale, la sedentarietà e anche la difficoltà nel separare vita sociale da quella lavorativa.