Aumenti da 280 euro e riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali: questa la proposta dei sindacati Fiom, Fim e Uilm. In particolare, chiedono per 1,5 milioni di metalmeccanici, per il triennio 2024-2027, incrementi medi dei minimi retributivi, con un aumento dei flexible benefit completamente esentasse a 250 euro, dagli attuali 200, favorendo la conversione del Premio di risultato in prestazioni di welfare tramite una piattaforma unica nazionale gestita dalle parti.
Come evidenziato dal Sole 24 Ore, l’ipotesi della piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici con Federmeccanica e Assistal sarà illustrata, in vista della scadenza a giugno dell’attuale Ccnl, dal 26 febbraio al 10 aprile in assemblee nei luoghi di lavoro, poi si procederà con la consultazione certificata del voto dei lavoratori, in programma invece tra l’8 e il 10 aprile. Per quanto riguarda gli aumenti dei minimi retributivi pari a 280 euro, sono riferiti al livello C3 del nuovo inquadramento contrattuale (ex-5°cat.), parametro medio di riferimento. Michele De Palma, numero uno della Fiom, ha precisato che «va oltre l’Ipca depurata dai costi energetici importati», l’indicatore di riferimento per gli incrementi del Ccnl.
ORARIO DI LAVORO E MINIMI RETRIBUTIVI: LA PROPOSTA DEI SINDACATI
Invece, ai dipendenti delle imprese che non prevedono il premio di risultato è riconosciuto un aumento a 700 euro dell’importo annuo dell’elemento perequativo. I sindacati chiedono anche l’adeguamento progressivo del contributo mensile a carico aziendale di 4 euro a dipendente, al fine di sviluppare prestazioni di carattere integrativo e mutualistico erogate dal Fondo sanitario. I sindacati propongono altresì di sperimentare la riduzione a 35 ore a livello di contratto nazionale, implementando quanto previsto per il lavoro a turni in settori coinvolti nei processi di transizione, riorganizzazione, crisi e riqualificazione professale.
Roberto Benaglia, leader della Fim, come riportato dal Sole 24 Ore, ha chiarito che la riduzione degli orari serve «per dare flessibilità e aumentare la produttività». Per Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, è «uno strumento fondamentale per affrontare gli effetti occupazionali della transizione ecologica, digitale e dell’intelligenza artificiale e le crisi industriali». I sindacati ritengono necessario coinvolgere il governo Meloni per trovare lo strumento legislativo giusto per favorire la riduzione contrattuale dell’orario di lavoro, anche destinando le risorse oggi impegnate in ammortizzatori sociali, favorendo un sostegno alla formazione.
PERMESSI ANNI RETRIBUTIVI E CONGEDI PARENTALI
C’è l’idea di una rimodulazione oraria secondo modalità come telelavoro o lavoro agile, parzialmente usate nella contrattazione di secondo livello. Ma la proposta dei sindacati si sofferma anche sulla conciliazione vita-lavoro, proponendo l’uso dei Permessi annui retributivi anche a frazioni d’ora, col preavviso ridotto o nullo quando i Par servono per l’assistenza ai figli minori, ai genitori anziani, familiari disabili. Per quanto riguarda i congedi parentali, la proposta è di integrare il trattamento economico previsto, portando l’integrazione al 100% del reddito per altri due mesi (attualmente è all’80% e al 60%), prevedendo l’uso del congedo anche in ore.
Inoltre, vanno definite le linee guide per la contrattazione di secondo livello, la modalità di «conversione in ore» per la trasformazione su base volontaria dei Pdr. Per Fiom, Fim e Uilm bisogna estendere le norme contrattuali a tutte le vittime della violenza di genere, con interventi di formazione e informazione per favorire una sensibilizzazione ad hoc sui temi delle molestie e della violenza di genere con almeno 2 ore a carico dell’azienda. Vanno poi definite azioni per entrare nel merito del gender pay gap.