Michelangelo Severgnini, regista del documentario “L’urlo”, torna a puntare il dito contro le Ong, accusandole di censurare la sua verità sugli immigrati: “Mi boicottano perché già nei primi 20 minuti del film saltano quelli che io chiamo “i due pilastri della loro narrazione fiabesca”. Il primo è che le Ong non vogliono sentirsi dire che questi sventurati vogliono tornare a casa. Non lo puoi proprio dire. Il secondo è quando un migrante dice: “Qui tanti vogliono tornarsene a casa, ma voi europei volete spingerli una volta di più a rischiare la vita, stavolta in mare”. Questo messaggio cosa spiega? Non è che gli europei li spingono, ma li attraggono”, ha denunciato nel corso di una intervista a La Verità.



La pellicola è stata realizzata con i contributi di coloro che hanno vissuto sulla propria pelle il fenomeno. “Sui social ho parlato con un migliaio di persone nel giro di quattro anni. Libici migranti-schiavi, soprattutto. Tanti messaggi vocali da parte loro. Tutto nel film. Gli sventurati sono online. Io li ho conosciuti così. Seguono le pagine social delle Ong. Controllano meticolosamente la posizione delle loro navi. Quando sanno che sono lì vicine si rivolgono agli scafisti e chiedono di farsi imbarcare perché sanno che troveranno la Ong”, ha rivelato.



Severgnini: “Ong censurano mia verità su immigrati”. La verità

A questo punto del racconto di Michelangelo Severgnini, il regista boicottato dalle Ong, i migranti devono scegliere se proseguire con la tratta illegalmente oppure se tornare a casa. “Dietro c’è il Sahara e sulle loro gambe non possono tornare. L’Organizzazione internazionale della migrazione ha già rimpatriato “volontariamente” 60.000 di loro. Ma le autorità di Tripoli non hanno interesse ad autorizzare questi voli. La loro economia si regge su questo racket”, ha rivelato.

Gran parte di loro avrebbero diritto a fuggire. “Ci sono 44.000 migranti già censiti con un codice, con un tesserino in mano e riconosciuti dal diritto internazionale. Avrebbero fa- coltà di scegliere la loro destinazione in Europa bypassando l’accordo di Dublino. Potrebbero essere già tranquillamente redistribuiti. Ma preferiscono farli arrivare illegalmente via mare. Questa si chiama “selezione naturale”. Sono eritrei, somali e sud sudanesi”. Gli altri, invece, preferirebbero tornare indietro piuttosto che affrontare la tratta. “Quando capiscono questa cosa chiedono di essere riportati nelle loro case. Non vogliono venire da noi, anche perché verrebbero rispediti in Libia”, ha concluso.