Oltre la metà delle imprese (51,5%) prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020. Un’azienda su quattro (38%) segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività. Tra marzo e aprile quattro piccole e medie imprese su dieci hanno subìto un calo del fatturato di oltre il 50%. La crisi in cui versano le piccole imprese e le drammatiche prospettive cui sembrano destinate ad affrontare sono racchiuse in queste tre istantanee. A scattarle è l’Istat in un report che fa il punto sulla «crisi economica che ha colpito il sistema produttivo» in seguito all’emergenza Covid-19, attraverso una rilevazione sul campo, condotta tra l’8 e il 29 maggio 2020, proprio con «l’obiettivo di raccogliere valutazioni direttamente dalle imprese in merito agli effetti dell’emergenza sanitaria e della crisi economica sulla loro attività». Dall’indagine emerge che il 57,4% dei richiedenti era in quel momento ancora in attesa dell’esito della domanda di accesso alla liquidità e che nei prossimi mesi quasi un’impresa su tre si aspetta una contrazione del fatturato a causa della riduzione della domanda locale e nazionale. Numeri che testimoniano quanto sia urgente intervenire e che stridono con i tempi lunghi della politica di questo governo. Che cosa non è stato fatto e andrebbe fatto il più rapidamente possibile? Quali richieste arrivano dal mondo dell’artigianato? Stati generali e piano Colao offrono le risposte giuste per il superamento dell’emergenza economica e il rilancio delle imprese? Ne abbiamo parlato con Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani di Milano e Monza-Brianza.



L’Istat ha fotografato una situazione molto difficile: rischi operativi e di sostenibilità della propria attività per un’azienda su quattro, cali di fatturato di oltre il 50% per quattro Pmi su dieci, mancanza di liquidità per oltre la metà delle imprese. La situazione sta ulteriormente precipitando?

Adesso le imprese artigiane stanno ancora smaltendo le commesse che avevano, diciamo così, in magazzino nei due mesi del lockdown. Purtroppo però stanno arrivando pochi nuovi ordini rispetto alla situazione pre-Covid. Si parla di cali compresi tra il 15% e il 40%, dipende da ditta a ditta, e tra i settori più colpiti ci sono soprattutto metalmeccanica ed edilizia. Ma il sentiment generale delle imprese è molto negativo verso il futuro.



Che cosa prevedono per i prossimi mesi?

Il timore è che potrebbero affrontare un autunno molto duro, se non drammatico. Rischiamo una crisi che potrebbe avvitarsi per mancanza di fiducia. Le imprese non investono sui nuovi macchinari, cercano di risparmiare il più possibile e questo blocco, di fiducia e di domanda, non fa ben sperare, anzi.

Il blocco si sente anche a livello internazionale?

Soffrono anche le imprese che sono strettamente legate con i mercati esteri, specie la Germania. Sarebbe invece importante che ripartisse la locomotiva dell’Europa, che oggi batte in testa, perché la Germania è un paese orientato all’export e a forte vocazione metalmeccanica, specie nell’automotive, un settore che fa da traino anche a molte nostre imprese dell’accessoristica. La domanda estera, nel complesso, latita, perché il commercio internazionale è rallentato.



Una frenata che potrebbe continuare a lungo?

La speranza è che sia una situazione di breve durata e che la montagna di soldi promessi dai vari Stati prima o poi arrivi all’economia reale, riportando fiducia e tranquillità tra i consumatori, così che possano tornare a consumare come prima, e tra le imprese, perché ritrovino il coraggio di investire. Ma prima che queste misure abbiano efficacia passeranno ancora diversi mesi e saranno mesi davvero critici.

Che cosa non è stato fatto e si doveva fare in questi mesi?

Le risorse arrivate alle imprese sono state finora poche e lente. E’ vero che è importante sostenere il reddito delle persone e delle famiglie, ma non ci si è resi conto che, se le imprese perdono fiducia nel futuro e non intraprendono nuovi progetti, si compromette la creazione di ricchezza del paese. Si crea un circolo vizioso da cui è difficile poi uscire.

Uno dei nodi maggiori è stato quello dell’accesso alla liquidità. Con le modifiche in Parlamento è stata alzata la soglia per la garanzia al 100%: è una misura sufficiente?

Sì, resta però il problema delle lungaggini delle banche, molto prudenti nel concedere i finanziamenti.

Ha dunque ragione il ministro Gualtieri, che ancora recentemente ha “scaricato” i problemi dei ritardi sulle banche? Sono loro il problema?

Intanto va detto che i soldi sono delle banche, lo Stato dà la garanzia al 100%. Forse il provvedimento non le ha messe sufficientemente nelle condizioni di poter erogare i fondi con tranquillità e rapidità. Poi è anche vero che non mancano le best practices, cioè banche, specie quelle legate al territorio, che si dimostrano più sensibili e veloci. Se il sistema si adeguasse a queste best practices, l’erogazione sarebbe più fluida.

Ieri sono partite le domande per i contributi a fondo perduto. Per artigiani e micro-imprese la burocrazia è ancora un ostacolo? Come si possono semplificare e accelerare le procedure?

In generale la burocrazia in questo paese è sempre un ostacolo ogni volta che si muove, però questa procedura, di media complessità e da effettuare per via telematica, non ha presentato le stesse criticità del click day dell’Inps.

Il governo ha previsto altre quattro settimane di Cig. Molte imprese artigiane però lamentano che non sia ancora arrivata la cassa integrazione che era stata annunciata a marzo. E’ così?  

Confermo: ci sono sacche di lavoratori che non hanno ricevuto la cassa integrazione.

L’occupazione ne sta risentendo o ne risentirà?

L’occupazione è oggi stabile, ma solo perché la legge impone, con i divieti di licenziamento, di mantenere in vita artificialmente dei posti di lavoro. Una contrazione sarà poi inevitabile e con numeri significativi, anche in una regione come la Lombardia.

A livello regionale sono arrivati aiuti?

Sì, sono state attivate iniziative di finanziamento: la Regione dice di aver messo sul piatto una cinquantina di milioni.

Piano Colao: ci sono misure per le micro-imprese? Vi soddisfano o siete rimasti delusi?

E’ un piano interessante, concreto, immediatamente spendibile, soprattutto sul fronte della digitalizzazione, dell’infrastrutturazione, della semplificazione. Peccato che chi l’abbia commissionato sia il primo a non volerlo troppo attuare. Temo che resterà sulla carta.

Oggi intanto, agli Stati generali dell’economia, sarà il giorno delle imprese.  Che cosa chiedono gli artigiani al governo?

Chiedono semplificazione, liquidità, certezza del diritto, prospettive di medio termine sulla traiettoria che il paese vuole imboccare. Lo ripeto: è basilare ricostruire quanto prima un clima complessivo di fiducia.

(Marco Biscella)

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