Nella splendida cornice dello Stadio dei Milioni di Fiori di Sanremo, ieri sera si è svolta la prima serata dell’attesissimo Festival della canzone italiana, giunto in questo 2041 alla sua 90esima edizione. A fare gli onori di casa, come per le due precedenti edizioni, la coppia Ferragni-Fedez, perfettamente a suo agio davanti a un pubblico di oltre 30mila persone, che hanno cantato e ballato sugli spalti, ridendo dei siparietti dell’inossidabile coppia, brava nel rispolverare in alcuni passaggi i fasti di un altro celebre duo (si parla di un’era glaciale fa, quando la tv era solo in Hd): Raimondo Vianello e Sandra Mondaini.
Ventiquattro le canzoni in gara, che il direttore artistico Lion Lucy (al secolo Leone Lucia, primogenito dei due presentatori) ha scelto non senza suscitare qualche polemica.
Una menzione speciale va alla scenografia, merito di Lucietta (al secolo Savana Lucia, secondogenita, nonché sorella, di Leone): un’ambientazione che altro non è se non la fedele riproduzione della cucina di casa Ferragnez, alla cui tavolata siedono tutti gli orchestrali, insieme al loro condottiero, il maestro Von Lucia (al secolo Ivonno Lucia, terzogenito di cotanta madre e altrettanto padre, e fratelli annessi).
Ma a tenere banco sono le canzoni. Abbiamo avuto tutti, voi a casa, noi qui in tribuna stampa, la possibilità di ascoltarle, perciò bando alle ciance. E andiamo coi giudizi, tanto sintetici quanto spassionati, in ordine di apparizione sul palco.
Uoma Di Donno: “Arcobalena”. La cantante apolide gioca a stupire, peraltro più con la sua mise (pantaloni alla zuava e semplici bretelle a coprire il seno) che con la voce, ma questa favola che racconta di una cetacea volante, e perciò diversa, allieterà a lungo con la sua nenia trascinante le ninne nanne di tanti bambin*.
Peppe Roncino e i Nomadi: “C’era una volta i centri sociali”. C’era una volta anche Peppe Roncino: ora non più. E pure i Nomadi sono diventati stanziali.
Gianni Morandi: “Nella vecchia latteria”. Il ragazzo 97enne torna sul megapalco raccontando il seguito di un suo storico successo. Il lattaio, però, ha comprato un caseificio, le mucche fanno il latte in polvere, al pubblico viene il latte alle ginocchia, e il critico sentenzia: il motivetto sa di caglio.
I Panettieri dello Zodiaco: “Buscopan” per focaccia. Un brano che, diciamo la verità, non è farina del loro sacco. Non sarebbe piaciuto neppure a Vincenzo Mollica.
I Maneskin: “Senza”. Per la prima volta senza Damiano (da poco passato solista e con un album già pronto, polemicamente chiamato Con). Senza grinta, senza musica, senza parole. As-senza totale.
Greta e i Thunbergh: “Surriscaldami col tuo amore”. Poco convincente nel suo italiano ancora stentato, nonostante Greta sia da nove anni residente in Italia: globalmente, lascia assai freddi.
Ruggero Enrici: “Papà ti somiglio”. Supplica a Enrico (Ruggeri): riportalo a casa e fallo lavorare! Due braccia rubate (temporaneamente?) all’agricoltura che meritano non un terreno musicale, ma un ettaro buono da dissodare.
Onisac: “Sono inverso, non sono introverso”. Con un farsetto che sembra quasi appoggiarsi alle note di “Sono una donna, non sono una santa” di Rosanna Fratello (do you remember?), Onisac, al secolo Ordinato Casino, fa il suo scombussolato esordio fra i big, scompaginando da par suo l’ordine dell’universo musicale: note e parole tutte al contrario. Alla fine, molti ihcsif (fischi) e pochi isualppa (applausi).
L’Oretta D’Oggi e Diva Trairicchi: “Elisir (di lunga gita)”. Fare il verso a due grandi interpreti dell’epoca può rivelarsi alla stregua di una pozione scaduta, imbevibile financo per Obelix.
Achille Lauro: “Mi faccio la barca”. Cappello a fumaiolo, uno scafo per vestito e scarpe a forma di àncora: così si esibisce l’Achille nazionale. E la sua abituale voglia di trasgressione? Sul braccio spicca una grossa siringa (il che spiega il titolo del brano).
Elodie: “Sognorante”. La canzone più convincente. La musica è un’avvolgente coperta d’archi, le parole provocano oltre il lecito. E l’enigma rimane intatto: Sognorante… che vorrà mai dire? “Sogno orante”, oppure “So’ ‘gnorante?”.
Tiziano Ferro: “Una botta di vita”. Esecuzione che meriterebbe un sacco di botte.
Pino e i Marittimi: “Mazurkàz”. ‘Azz, un brano che a pelle sta proprio sulle palle.
Ernia: “Discoernia”. Testo ridotto all’osso, musica da invertebrati.
Elettra Lamborghini: “Holiday holydays”. Un colossale hole (buco dovuto a una vacanza elettronica in una struttura reticolare).
Ditonellapiaga: “Cicatrene”. Con questa canzone la romana Margherita Carducci si ferisce da sola e anche noi ne usciamo sanguinanti e malmessi. Il nostro consiglio? Margherita, dacci un taglio!
Dino e i Budini Molli: “Papparapparàp”. Non c’è tripparipparap per micimicimì. Oltre il dessert, sono già alla frutta.
I Righeira: “SummerInps”. Spregiudicati come ai bei tempi, giocano a prendersi in giro e questo li rende ancora più simpatici e gradevoli. Il ritornello sarà un tormentone: “In pensione con la pensione, ci fosse il mare in Val Tidone”. ‘st’estate si balla…
Zlatan: “Calci nelle palle”. Testi e musica sono suoi (suoi…di Ibra), e (purtroppo) si sente: melodia pallosa, parole come martellate sui testicoli. Un grave infortunio!
Amintore Funfun: “Compromessi (storici e non)”. Un’ugola dorotea e il brano che propone farà molto… Rumor.
OGM (Orchestra Geneticamente Modificata): “Il setto nasale dell’insetto”. Un testo senza grilli per la testa, la cui esecuzione porta gli orchestrali, solitamente immobili alla maniera dei camaleonti, a saltare sul palco come cavallette.
Dash: “Lanza Mira”. Una centrifuga di emozioni proposte con un ritmo Svelto, che forse finisce un po’ troppo Bio Presto. Da apprezzare la pulizia della voce di Dash, che si fonde con l’orchestra, diretta dal mastro Lindo.
Amarena: “Amarone”. Sciroppare al pubblico un testo triste, accompagnato da una melodia dai toni aspri, rischia di lasciare in bocca un forte retrogusto amaro: per i palati fini sanremesi sarebbe stato meglio sorseggiare un invitante bicchierino di cherry.
Luno & Laltro: “Abbaiare all’una (canto notturno di un pastore tedesco)”. Il nostro desiderio recondito… Dietro a Luno & Laltro, esserci noi ComicAstri, con una canzone immaginificamente surreale, dedicata a due nostri miti di gioventù: RinTinTin e Leopardi. Se il sogno, poi, fosse a colori, le musiche che accompagnano il nostro testo sarebbero dei… BauStelle.
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