Lettoràstri di tutto il mondo, unitevi! Amici lettori dei ComicAstri, cosa può unirci, in questa settimana di calura, che ha sancito la fine del campionato, vincitori e vinti, partecipanti a coppe e coppette europee, retrocessioni nobili o meno? L’immobilità da divano, la staticità da condizionatore già acceso, l’inerzia da drink ghiacciato… Che altro? La noia, l’abbandono, il niente (citazione da Che sarà, cantata da Josè Feliciano, ma anche dai Ricchi e Poveri)?
Ed è proprio sulla scorta di questa inoperosità da sofà che ci siamo imbattuti, in maniera quasi involontaria, nella prima puntata della nuovissima serie tv “Blocco 181”, in programmazione su Sky. Che abbiamo guardato con incuriosita distrazione, o se preferite con sbadata attenzione.
Non sapendo se consigliarvela o meno, in attesa che un altro pomeriggio (infrasettimanale, sabato e domenica è lo sport a farla da padrone) di insopportabile canicola ci spinga alla visione del secondo episodio, facciamo vostre alcune nostre riflessioni a riguardo.
Ambientazione. La grande città. Dopo Palermo, Napoli e Roma (protagoniste in altre serie famose) i cattivi traslocano (in… blocco, appunto) alla periferia di Milano, in una fattispecie di mondo capovolto, dove la notte è giorno e viceversa. Col sole non succede quasi mai nulla: e probabilmente è giusto così, trattandosi di affari loschi (cocaina, botte e ammazzamenti). E meno male che a fare da sfondo a una cupa periferia si intravedono, a separare una scena dall’altra, la Madonnina e lo stadio di San Siro, unici elementi riconoscibili del capoluogo lombardo. Altrimenti sembrerebbe di stare a Bogotà, a Città del Messico, o al massimo nei dintorni della periferia malfamata di Los Angeles. Immaginiamo la soddisfazione degli abitanti dei quartieri dove è stata girata la serie (zona Barona, quartiere dell’Ortica – dove faceva il palo il conoscente di Jannacci – e quartiere Corvetto) nel vedersi rappresentati così. Tirino il fiato (citiamo a caso tre cittadine lombarde) gli abitanti di Vertemate con Minoprio, Somma Lombardo e Albavilla: certe periferie poco raccomandabili spettano di diritto solamente alla metropoli.
Personaggi: i buoni. Paragrafo brevissimo: non ce ne sono.
Personaggi: i cattivi. Potrebbe essere breve pure questo: tutti! E meno male che non stanno tutti dalla stessa parte, altrimenti non ci sarebbe storia.
Forze dell’ordine. Vedi alla voce “buoni”.
Gente normale. Assente, ma c’è. Tappata in casa, dietro finestre con tende che solo raramente si discostano
Disoccupazione. Presentissima e pesantissima. Percentuali che nel profondo Sud manco si sognano. E non per mancanza di lavoro (dopo tutto, Milàn l’è anca mo – ancora oggi – un gran Milàn, come si diceva quando si parlava ancora il dialetto), ma per impossibilità di uscire di casa (vedi alla voce “cattivi”).
Bande. Nel quartiere (che noi speriamo sempre di fantasia) ce ne sono due: quelli della Misa (massa), che sono dei latinos. E quelli di casa nostra. A voler forzatamente trovare del buono, questa fratellanza tra lombardi, siciliani, calabresi, pugliesi, campani, abruzzesi (dobbiamo continuare con tutte le regioni o possiamo finirla qui) ci fa sperare che Garibaldi e Cavour non siano trascorsi invano. Poi… la causa non sarà un gran che, ma accontentiamoci: è pur sempre una serie tv!
Clima. Caldo africano. Tutti girano in canottiera: sempre e tutto l’anno. Ci immaginiamo già gli alberi di Natale sotto i quali i turisti trovano conforto dall’afa opprimente, il taglio del panettone al riparo dei dehors del centro, le caldarroste con la granita (tradizione e modernità). Colpa del riscaldamento globale o della sceneggiatura un po’ forzata? La risposta alla voce successiva.
Tatuaggi. Probabilmente colpa di questi ultimi. I protagonisti ne sfoggiano in quantità industriale, roba da far impallidire famosissimi giocatori di calcio. Fatto sta che Milano, zitta zitta, quatta quatta, all’insaputa di tutti (o forse è stata un’idea del quanto mai innovativo sindaco Sala. Della serie: si fa più in fretta a tropicalizzare una città che costruirci uno stadio nuovo) si è spostata di latitudine, per permettere lo sfoggio di queste “mappe corporali”. Chissà se durante la ricerca del casting, il tatuaggio ha rappresentato una conditio sine qua non (per i meno esperti: non è slang da latinos, è proprio latino, quello degli antichi Romani!).
Rapper. Sono usciti solo flop, bro / e ci hanno fatto la deluxe. / Frena frena frena frena / c’ho un’arena piena non appena in tour. /… Citazione tratta da “La chiave” – feat Marracash, ma la canzone è di Salmo. Quale salmo? Scusate, ma Salmo non è un salmo. La Bibbia non c’entra. Salmo è un rapper, ed è pure l’ideatore di questa serie. E interpreta uno dei personaggi principali. E le musiche sono sue. Marò… quanta roba!
Interazioni. Se rappi, è perché sei tatuato; se sei tatuato, puoi permetterti di rappare. Se no, sciollare senza rompere i marùngia! Non è una citazione, è quello che abbiamo capito noi, che non capiamo un tubo!
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