Resveratrolo: mandate a memoria questo vocabolo, che in tempi di coronavirus potrebbe risultare utile. Seppure suoni assai ruvido, non è il nome di quei granuli cristallini di materiale abrasivo che coprono la superficie della carta vetrata o smerigliata. Il resveratrolo è un composto prodotto da alcune piante scaccia-batteri: vale a dire che stiamo parlando di un anti-ossidante per eccellenza, contenuto in particolare nella buccia degli acini d’uva. E – udite udite – sotto forma di aerosol potrebbe addirittura… sconfiggere il coronavirus!
Tradotto in soldoni: un buon bicchiere di vino rosso rubino potrebbe aiutare nella cura contro il Sars-Cov-2? A dirlo non siamo certo noi due – modesti degustatori buontemponi, sempre e comunque da preferire a due professoroni ad alto tasso alcolico -, tanto meno Wine Spectator (uno dei periodici enologici più prestigiosi del mondo, che potrebbe però essere facilmente tacciato di conflitto d’interesse), ma l’autorevole rivista scientifica Nature.
Innanzitutto i fatti: la scoperta è frutto di un sobrio (al 100%, con tanto di certificato Doc) studio condotto da due ricercatori, che hanno sperimentato in vitro e su animali diverse molecole contro i beta coronavirus principali, tra cui, appunto, il resveratrolo si è dimostrato il più efficace nel bloccare la replicazione virale della Mers, la sindrome respiratoria stretta parente del Covid-19. All’Università Federico II di Napoli hanno brevettato una miscela di polifenoli – il taurisolo – che è stato utilizzato sotto forma di aerosol nei pazienti con tubercolosi bacillifera per valutarne la portata antinfiammatoria. Dopo una sola somministrazione in due pazienti su tre è risultata dimezzata. E ora si attende il via libera dall’Agenzia italiana del farmaco per la sperimentazione. Che, dovesse partire e avere successo, sarebbe da accogliere con un bel brindisi!
Insomma, in cantina potremmo già inconsapevolmente nascondere un’arma nucleare contro il coronavirus, una sorta di castigo “di vino” che potrebbe abbattersi su di esso e fermarne la diffusione. Fosse davvero così, potremmo già immaginarci come il mondo enologico italiano sarebbe in grado di sfruttare questa occasione unica per uno straordinario quanto inatteso rilancio del settore.
Così, al prossimo Vinitaly, accanto a enologi, sommelier e vinificatori, è già possibile prevedere un’invasione di informatori scientifici delle maggiori case farmaceutiche mondiali, pronti a commerciare i più efficaci sistemi di aerosolterapia a base di resveratrolo. Stando ai primi rumors, sembra mostrare una buona efficacia “AerBacco!”, nebulizzatore dotato di pistone a forma di fiaschetto, così come “NemboNeb”, apparecchio completamente naturale, costruito in resina di vitigno di Nebbiolo, potente come un acquazzone estivo, efficace come solo in vino veritas, o come “Vaporicella Ripasso”, diffusore spray a ultrasuoni, dal singolarissimo color rosso rubino carico, persino nei suoi componenti aggiuntivi (come la mascherina e l’ampolla) che rilascia, insieme al prodotto da inalare, un quanto mai piacevole afrore di mosto, dai toni asciutti e vellutati.
Gli stessi produttori di vini italiani, a cui la fantasia e la creatività non difettano di certo, sono pronti a lanciare sul mercato nuovi vitigni. Ve ne proponiamo un poker di tutto rispetto.
BarbaresCovid-19. Di produzione rigorosamente piemontese, è un vino che guarda al futuro senza dimenticare il nostro presente (ma che si spera passi presto). Di colore rosso granata (eppure assai gradito anche agli juventini), l’armonico gusto lo fa apprezzare meglio senza la mascherina sul volto.
Vermentino di Sar(s)degna. L’accostamento tra il virus e il famoso bianco isolano ben si presta a questo nobile secco, dall’inconfondibile retrogusto amarognolo. Sarà l’ospite immancabile di memorabili cene estive di gruppo o a lume di candela. Si accompagnerà bene con un – temiamo immancabile – pannello in plexiglas, che comunque non ne inibirà la condivisione. Ognuno rigorosamente col suo bicchiere.
Duemilaeventi Millimetri (Prosecco Cartizze Valdobbiadene millesimato). Un inno alla raffinatezza sin dalla pregevole etichetta, realizzata con una mascherina in poliestere. Il perlage fine, cremoso e vellutato, nonché il sentore esplosivo di acacia, mela e pompelmo lo faranno apprezzare al profumo anche a distanza: un’annata (2020) unica nel suo genere, una distanza sociale (duemila e venti millimetri, per la precisione) ritenuta ideale per rapporti interpersonali sicuri e duraturi.
Brunello di Monvaccino. Quando tutto sarà finito, ne avremo da festeggiare. Un’alzata di calice qua (con i parenti), un brindisi là (con amici), un prosit su (con i colleghi di lavoro) e una bicchierata giù (amici del calcetto, compagne di palestra, e chi più ne ha, più cin-cin ci metta). Potremo farlo, generosamente abbinato a una tartina a base di fegatini o salsiccia, con questo rosso, asciutto come un discorso di Feltri che imita Crozza (o Crozza che imita Feltri?), robusto come il fidanzato pugile di Diletta Leotta (che abbiamo imparato a conoscere su Instagram) e pungente come la puntura della siringa che ci inietterà il vaccino liberatore dalle catene della prigionia. E carico almeno un bel fogliettone da cinquanta euro. Perché se le cose buone prima costavano tanto, dopo… anche di più. Prosit!