Vogliamo svelarvi un segreto: quante volte, l’uno e l’altro (ma non vi sveleremmo per nulla al mondo chi tra noi sia l’altro, ma soprattutto chi sia l’uno) proviamo vicendevolmente a pensare in che stato potremmo cogliervi nel momento del solenne e settimanale appuntamento con le nostre amenità (leggasi “il nostro pezzo”).
Così vi immaginiamo, cari lettorastri (amici lettori dei ComicAstri), a leggerci proprio nel mezzo della colazione, tra una fetta biscottata e un sorso di thè; oppure al primo atto dopo l’accensione del pc alla scrivania della vostra sede di lavoro; o ancora, nell’ufficio più riservato e più bello di tutti: il vostro bagno, che lì non vi disturba proprio nessuno. Chissà dove ciò avverrà, e quando, e quanto tempo durerà: siete per una lettura smart? O preferite quella solenne? O magari, come recitano i menù informatici, in forma personalizzata? Domande che resteranno inevase, purtroppo, per noi. Tranquilli e, soprattutto, proseguite pure con le vostre abitudini, non abbiamo nessuna intenzione di prendervi e di trascinarvi per i capelli.
Già, i capelli. Gioie e dolori per chi ce li ha, e per chi no; espressione di inestinguibile giovinezza nell’immaginario collettivo; fascino innegabile sia per lei (quanta bellezza femminile passa dai capelli) che per lui (pensate solo a Sansone, ma più recentemente anche all’hawaiano Jason Momoa, il Khal Drogo di Game of Thrones, poi protagonista del film Aquaman).
Ma gli anni, l’età, la canizie, le alopecie che spopolano la superficie del cuoio capelluto e lasciano spazio all’agorafobia (il terrore pressoché maschile di “rimanere in piazza”, cioè senza un solo sparuto pelucco, in zona parietale) pongono parecchi dubbi all’uomo che vede il proprio impianto trichico (tricòs vuol dire, in greco, capello) andare lentamente ma inesorabilmente in vacca.
Poi, va detto, ognuno se la risolve a modo suo; ma chi si ritrova in questa spiacevole situazione, chi si attanaglia in una sofferenza interiore, conscio di perdere qualcosa che mai più ritornerà, deve fare i conti con la dura realtà. Anche perché… c’è il cugino che non rivedi dalla vigilia di Natale dello scorso anno e che non le manda a dire: “Accidentaccio, come si è allargata (alludendo pesantemente alla zona della calvizie); c’è il capo sempre pronto a tirare su il morale a chi convoca al suo desco: “Guardi che se li tiene corti, si nota meno”; c’è la suocera, implacabile come da par suo: “Ma i figli ti chiamano ancora papà, o sono già passati al nonno?” (segue ghigno satanico). E qui ci fermiamo, così che non ne abbiate fin sopra i capelli…
I rimedi? A ben poco servirà la medicina (inutile tirarla per i capelli), né la consapevolezza che esiste una fase anagen (stadio di crescita del capello), una telogen (periodo di riposo e successiva sua caduta) e una catagen (fase di peggioramento, in cui il pelo formato si porta via via verso gli strati più superficiali dell’epidermide), perché la situazione è tale che sembra scontato perdurare in quest’unica condizione. Tanto vale, per impedirvi di spaccare il capello in quattro (nella speranza forse che ne cadano al massimo tre quarti?) e per non lasciarvi sospesi a un capello (inutile mantenerlo in piedi come l’ultimo giapponese nella giungla, e poi, quale giungla?), gettarvi al volo qualche… zazzera di salvataggio.
Il trapianto. Significa sicuramente avere un maggior numero di capelli in testa, ma altresì un conto in banca letteralmente salassato, così salassato da far rizzare i capelli. E poi… essere perculati come Berlusconi, ed esserlo soprattutto alle spalle, non giova certo al morale. La morale? O si è Briatore (e allora ci si sottopone anche al lifting) o si lascia stare.
Il parrucchino. Sparire il venerdì pomeriggio dall’ufficio implume come certi neonati e tornarci il lunedì mattina fulvi come un Re Leone… cui prodest? A chi giova? Forse ai gomiti dei colleghi, che si toccheranno l’un l’altro sorridendo sotto i baffi (anche femminili). Si aggiunga che non riuscire a vedere l’attacco della radice del capello regala quell’effetto castoro per il quale spesso chi opta per questa soluzione viene ad assomigliare a un trapper, quei cacciatori del passato che cacciavano gli animali da pelliccia con le trappole e portavano dei simpatici cappelli di pelo, con la coda dietro, assai buffi ai nostri occhi.
Il riporto. Soluzione pressoché abbandonata dai più, ma molto in voga nel secolo scorso. Consiste nel far crescere prima, e pettinare con dovizia poi, i pochi capelli che crescono tra la basetta e la tempia, avendo poi cura di ridistribuirli sul proprio capo, facendoli giungere sin quasi all’altra basetta. L’effetto è di sommaria copertura del proprio capo, ma è sufficiente un refolo di vento a svelare l’arcano e diventare completamente – come dire? – asimmetrici, cioè con una striscia di capelli lunghissimi a rasentare le spalle da un lato. E dall’altro? Il vuoto cosmico. Lasciatevelo dire: è il modo migliore per avere più corna che capelli…
Total shave (rasatura totale). Bruce Willis ha fatto da apripista, seguito da gente del calibro di Billy Zane, Vin Diesel, Dwayne Johnson (The Rock), l’indimenticabile Sean Connery. Appunto… e allora? Che bisogno c’è che vi uniate al gruppo? O avete il physique du role, o è meglio non rischiare neppure un capello.
E allora qual è la soluzione finale, e soprattutto: come chiudere questo pezzo scapigliato? Con un consiglio semplice semplice: se la chioma si sfoltisce, anziché avere un diavolo per capello, state calvi… se potete!
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI