L’emergenza coronavirus, che in parte avevamo previsto proponendovi l’oroscopo Eolico 2020, prosegue, lasciandoci attoniti e preoccupati. Tutto è iniziato sotto traccia, finché, il 21 febbraio, dopo una serie di rassicurazioni di rito (“Tranquilli, tutto sotto controllo”), improvvisamente, e con piglio da stuntman, è avvenuta una quanto mai brusca inversione a U.



Un drastico cambio di registro: misure emergenziali, divieti di assembramento nei posti pubblici, dai bar agli stadi, dai teatri fino ai luoghi di culto. Allora il cittadino della strada (e chi sarà mai? Un marito fedifrago sfrattato di casa dalla moglie? Chi lo sa! Ma questa è un’altra storia e la racconteremo un’altra volta…) si chiede: come mai questa sterzata?



A tentare di ricostruire tutta la vicenda è un puntuale scoop, che riportiamo in anteprima per i lettori virali del Sussidiario, realizzato dalla rivista Lancett. Attenti: non la rivista medico-scientifica inglese, bensì la non meno autorevole Lancett di Ür e di Menùt (che, tradotto dal dialetto ticinese, significa: Lancette delle Ore e dei Minuti), prestigioso house organ degli orologiai a cucù svizzeri. La quale Lancett afferma che, da quando sono giunti dalla Cina i primi allarmi sul nuovo virus influenzale (perciò, tra fine dicembre e inizio gennaio) il premier Conte ha avuto subito un colloquio telefonico informale con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “Giggino, che roba è ‘sto virus? Tu che hai ottimi rapporti con i cinesi ne sai qualcosa?”.



Di Maio, con il tono di chi la sa lunga, ha risposto: “Giuseppi (ormai si crede Trump…), lascia fare a me. Chiamo subito PingPong (è il forse non originalissimo soprannome, a suo modo affettuoso e cordiale, di Xi Jinping, Presidente della Repubblica popolare cinese?) e gli intimo di spiegarmi per filo e per segno che cosa sta succedendo nella provincia di Hubei Hubei, dove so per certo – me lo ha confessato una volta un amico milanese – si tiene ogni anno sotto Natale una fiera molto affollata”. In sintesi: poche idee e pure confuse.

Dopo questo scambio, Di Maio è andato di cornetta e ha telefonato a Xi Jinping. Ma non conoscendo il mandarino (non il frutto, l’idioma), e non avendo traduttori lì a portata di mano (mannaggia: in mano aveva solo la cornetta del telefono) ha ascoltato compunto per 45 minuti senza capire un’acca (ma nemmeno una A, una F, una O, neppure un ideogramma si è palesato nella sua mente sfacciatamente occidentale). “E mo’ che faccio? Che gli dico a Conte?”.

Infilatosi in nu’ burdell, vale a dire in un tunnel apparentemente senza uscita, il nostro ha perciò contattato Danilo Toninelli, uno che di tunnel se ne intende assai, visti i suoi precedenti come ministro delle Infrastrutture. “Danilo, ma tu sai qualcosa su ‘sto coronavirus cinese?”. “Gigi, certo che sì! Come hai detto tu, è un coronavirus, e dunque stai tranquillo che colpirà poche persone. In Italia di nostalgici della monarchia se ne contano sulle dita di una mano”.

Portate a casa queste confortanti rassicurazioni, Giggino ha tranquillizzato pure Conte. Da allora, il premier ha lasciato perdere pensieri cinesi e riflessioni su eventuali quarantene e/o isolamenti, singoli e di gruppo.

Se non che, una dozzina di giorni fa, il virus ha cominciato a manifestarsi anche qui da noi, con due focolai: a Codogno, nella Bassa Lodigiana, e a Vo’ Euganeo, nella Bassa Padovana. Come sia arrivato, ancora non si sa. Almeno fino a questo momento, perché – ed ecco il secondo scoop che offriamo ai sempre più virali lettori del Sussidiario – noi siamo in grado di rivelare chi è il paziente zero. Si chiama Toto Codogno: nato a Codogno, abitante a Codogno, è un agricoltore (segnatamente un coltivatore di mele, ovviamente codogne). Gli indizi schiaccianti che portano a lui risalgono a qualche giorno fa, quando un mattiniero runner (nonché nostro affezionato lettore), passato casualmente in prossimità del frutteto del Codogno, l’avrebbe sentito canticchiare un motivetto familiare, eppure un po’ sinistro:

Lasciatemi lavare / con l’amuchina in mano
lasciatemi lavare le mie mani piano piano
Lasciatemi lavare / perché sono sincero
io sono l’italiano / son l’italiano zero.

Nostra intenzione non è quella di fare i delatori, ma di poter contribuire, con le nostre inappuntabili informazioni, a debellare l’infezione: con il paziente zero sarà più facile la ricostruzione della catena epidemiologica. Catena che il ministro della Salute, Roberto Speranza (nomen omen, dicevano i latini; finché c’è Governo, c’è Speranza, dicono in Transatlantico), ha cercato di ricostruire, dicendosi certo che le due infezioni, a Lodi e a Padova, siano collegate tra loro. “In parole povere – ha specificato parlando per il popolino, ma il tono era assai professionale e scientifico – il coronavirus attecchito a Codogno a un certo punto è come se avesse pensato: qui ormai il mio lavoro è pressoché concluso (cioè: li ho infettati tutti), quasi quasi me ne Vo’ un po’ in Veneto”.

Ma le buone notizie non finiscono qui. All’ospedale Sacco di Milano è stato individuato il ceppo italiano del coronavirus: una scoperta fondamentale, innanzitutto perché ci consentirà di conoscere un… sacco di cose nuove sul Covid-19, poi perché darà un’accelerata alla ricerca di una cura valida.

A proposito di cura. Abbiamo saputo (ultimo scoop di giornata) che in Svizzera un piccolo imprenditore agricolo di vacche pezzate, tal GianEpidemio Bernasconi, ha avviato un allevamento per la produzione di “a’ mucchina” (battutaccia, ma non potevamo esentarci), coltivando pure – udite udite… – l’ambizione di essere il primo produttore di latte… vaccino, essenziale per guarire dal coronavirus!

’Sti svizzeri… Ciuculàt e precisiun in tücc i so Cantun!, recitava un motivetto locale di qualche anno fa…