Amici lettori, siete pronti a fermarvi di nuovo? “Perché, ci siamo mai mossi?”, potrebbe obiettare qualcuno… Orsù, bando alle polemiche. In fondo, sopportiamo per il nostro bene, se decideranno di bloccarci a Pasqua e, quel che è peggio, anche a Pasquetta, niente paura: sposteremo la grigliatina in solitaria sul balcone. Tempo al tempo. Intanto ci tocca di percorrere questa Quaresima, che, iniziata solo la scorsa settimana, appare ancora lunga da percorrere. Arricchiamoci, perciò, con la speranza che il bello deve ancora venire e non arrocchiamoci su sterili posizioni precostituite. Non arrocchiamoci perché l’arrocco è buono solo per gli scacchi e di Rocco la storia è davvero parca.



Infatti, fino a qualche generazione fa, Rocco evocava semplicemente il nome del codice di procedura penale e della riforma dell’ordinamento penitenziario; venne successivamente il momento in cui Rocco fu il paròn, leggendario allenatore del primo Milan formato europeo; a seguire, in tempi più recenti, Rocco fu Buttiglione, filosofo, politico, amico e consigliere di “Karol il Grande”, condottiero senza spada di quasi un trentennio (dal 1978 al 2005) che ha segnato la storia; abbiamo avuto anche un Rocco meno nobile e sicuramente più prosaico, tal Siffredi, che ha costruito la propria carriera sul doppio senso della patatina; l’ultimo che ci viene in mente è Rocco Schiavone, personaggio letterario uscito dalla penna di Antonio Manzini: un vicequestore romano, in esilio in Val d’Aosta, che ha trovato la sua consacrazione incarnandosi nel volto di Marco Giallini, azzeccato protagonista dell’omonima fiction.



Manca forse qualcuno, c’è un qualche involontario omissis? Forse “Rocco e i suoi fratelli” film di Luchino Visconti del 1960. E non ce ne vogliano Rocco Papaleo (tanti bei film e persino un Sanremo alle spalle) e neppure il rapper Rocco Hunt, ma probabilmente il premio “Rocco più famoso del momento” è destinato allo statista Rocco Casalino. Cosa fate, storcete il naso per l’appellativo “statista”? Eppure, nel governo Conte è stato fondamentale uomo di Stato, del cui apporto alla vita politica ne ha beneficiato l’intero paese. Un uomo tanto sottovalutato quanto meritevole: per questo tentiamo di tracciarne una biografia ragionata, seppur sintetica. In una parola, roccambolesca.



Origini. Nato in Germania nel 1972 da italianissimi genitori pugliesi di Ceglie Messapica. Studi in un liceo classico tedesco, conclusisi con un diploma di tecnico commerciale in Puglia, laurea in ingegneria gestionale (perché ciascuno di noi dev’essere il miglior gestore di sé stesso) e un Master in business administration nel 2000 presso un ateneo americano il cui nome sembra uscito dalla saga del Trono di Spade: la Shenandoah University a Winchester, nello stato della Virginia. Un Mba che successivamente verrà smentito dalla medesima università e da Casalino stesso.

Adultità. Contemporaneamente all’università di Shenandoah, frequenta in scioltezza, grazie anche al non comune dono dell’ubiquità, a cui per modestia non ha mai fatto accenno, la prima edizione del Grande Fratello (quello di Taricone, di Marina gattamorta eccetera), dove riesce a socializzare e a vincere: non tanto la finalissima, bensì la sua proverbiale timidezza. Entrato nella factory di Lele Mora, si scopre un animale (da telecamera), pronto a lanciarsi come opinionista in quelle trasmissioni televisive che necessitano di menti fertili, di tendenza, ma controcorrente. Da opinionista a giornalista il passo non è breve (magari lo fosse), eppure il nostro lo percorre al galoppo, conducendo (siamo nel 2011) su un canale tematico Sky una rubrica quotidiana dedicata alle corse dei cavalli e alle scommesse in genere.

Politica. Le fondamentali esperienze di cui sopra lo spingono a entrare nell’agone politico. Forte della sua esperienza televisiva, scommette sul Movimento 5 Stelle. E fa la prima cinquina candidandosi alle regionali lombarde del 2012. La sua personalissima tombola la vince invece nel 2014, diventando responsabile per la comunicazione coi media al Senato per il gruppo parlamentare dei Cinquestelle del M5s, e poi “portavoce e capocomunicazione” del medesimo gruppo. Il resto è storia dei nostri giorni: dal 2018 fino a pochi giorni fa è stato portavoce e capo dell’ufficio stampa dei due governi Conte. Grazie al suo stile che non esiteremmo a definire “roccocò”, assurge financo a spin doctor del movimento grillino, con il compito di mettere sempre in buona luce il premier. Ma ora, caduto Conte, hanno staccato lo spin

Il portavoce. Una vita così, ricca di colpi di scena, trascorsa a catturare le opportunità come gli uccelli con un roccolo, merita un’autobiografia. E infatti è di pochi giorni fa l’uscita del suo libro, “Il portavoce-La mia storia”, nel quale fa voto di modestia: «Non mi ha regalato niente nessuno, questo è sicuro. E se sono orgoglioso di dove sono arrivato non è tanto per il ruolo che ricopro, ma perché non dimentico mai da dove sono partito, cioè dalle condizioni più svantaggiate dell’universo». E che sarà mai? Nel prossimo libro ci racconterà che lui è partito con la valigia in mano dallo sperdutissimo pianeta di Plutone?

Che vita affascinante il nostro Rocco. Così avvincente che, se fosse un genere musicale, non avremmo dubbi: sarebbe ROC & Roll!

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