Volendo fare il punto della situazione, ed essendo una coppia di presunti umoristi assai basica, come a dire di estrema semplicità, senza grilli per la testa né cicale per i piedi, attaccata alla terra ma fiduciosa nel Cielo (con la maiuscola, please), fedele alla tradizione (moglie e squadra di calcio non si possono cambiare mai, soprattutto la seconda), ecco quello che ci sentiamo di condividere sul “senso” (se mai ne avesse uno) del Covid. L’hanno chiamato col numero 19, ma l’annus horribilis è stato il 20. Già questo è strano, ma il dizionarietto che vi proponiamo anche peggio. A curarlo è stata la prestigiosa Accademia della Usca, uno dei principali punti di riferimento per le ricerche linguistiche nei campi dell’epidemiologia e della virologia.
Asintomatico. Per il linguaggio della scienza, è un soggetto che, nonostante sia affetto dalla malattia, non presenta alcun sintomo apparente. Per la pulitrice di Polverara, o per la casalinga di Voghera, colui che non sospetti e ti fotte. Spesso nelle vesti di un parente caro, di un amico fidato o di un insospettabile congiunto. Eppure ti frega ugualmente.
Curva di contagio. Sembrava che filasse tutto dritto, e invece…
Dispnea. A volerci scherzare su (ma è una cosa molto seria, un sintomo da allarme rosso) potremmo dire che i sintomi sono simili a quelli provati dal sub Enzo Maiorca durante le sue immersioni record. Peccato che l’affinità finisca qui…
Distanziamento sociale. Se ciascuno si facesse i fatti suoi, a casa sua, e se magari nella propria dimora abitasse da solo, ecco… avremmo raggiunto il distanziamento perfetto. E invece… tutti a fare la movida!
Focolaio. Nel 2020 hanno sostituito i falò della tradizione popolare. Solo che coi focolai ci si sente decisamente meno bene e molto più soli, mannaggia a loro!
Immunità di gregge. Divertentissima canzone di Checco Zalone.
Infodemia: Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Su questo sono tutti d’accordo, forse l’unica certezza su questo virus maledetto.
Lockdown. Il termine inglese ha aiutato a digerirlo meglio. Perché isolamento è decisamente più angoscioso.
Pandemia. “Lo è sicuramente”: lo dice il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Non lo è” invece secondo Richard Horton, direttore dell’autorevole rivista The Lancet. Che afferma trattarsi di malattia che uccide quasi sempre persone svantaggiate, perché con redditi bassi e socialmente escluse oppure perché affette da malattie croniche, eccetera eccetera…
Paziente zero. Il primo paziente che si è rotto i maroni di aspettare il suo turno al pronto soccorso ed è tornato a casa a fatica. Buon per lui che le cure domestiche (isolamento, antivirali e anticoagulanti suggeriti dal medico, e tanto affetto da parte dei suoi familiari) hanno fatto il loro corso in maniera efficace. È qui a raccontarla, la sua storia, non è mica poco…
Picco. Punta massima esponenziale raggiunta dal virus. È già arrivata o deve ancora arrivare? Lo sapremo alla terza ondata. Ma arriverà o non arriverà? Lo sapremo a primavera. Avrà la stessa portata di quella attuale o dobbiamo attenderci situazioni peggiori? Poste queste domande tendenziose, il virologo ribatterà: “Mi picco di non rispondere. Punto”.
Plexiglass. Pensavamo tutti di conoscerlo, e ci siamo meravigliati, quando abbiamo scoperto che il “plessigas” (come la maggior parte delle persone lo chiama) non è una sostanza aeriforme. Prima era conosciuto quasi esclusivamente nel mondo del basket (avete in mente di quale materiale sono fatti i tabelloni dei canestri?), ora è l’ultimo baluardo al distanziamento sociale: lo trovi al cinema (se aperto), al ristorante (se aperto) al bar (se aperto), nei negozi (quelli aperti). Il futuro ci riserverà maggiori aperture ad plessigas. Oppure chiusure ad libitum.
Quarantena. Di 10 giorni, di 14, di 21. Dipende dallo stato d’animo di chi vi visita…
Tampone. Molecolare, faringeo o rapido? Rispondete velocemente… Di sicuro c’è il fatto che gli italiani oggi vogliono farsi tamponare, meglio se più volte (tanto poi non serve la Dichiarazione amichevole…).
Usca. Sono le Unità speciali di continuità assistenziali. Dovrebbero essere composte da un medico e un infermiere… Dovrebbero, perché nessuno le ha mai viste in azione. Ormai vengono paragonate ai mitici e invisibili Navy Seals.
Virologi. Categoria professionale litigiosissima. Immaginiamo già il commento sulla Gazza (al secolo la Rosea, l’immarcescibile e immancabile Gazzetta dello Sport) di un qualsiasi evento di boxe del 2023: “Alla presentazione del match i due sfidanti non si sono risparmiati vicendevoli insulti: alla stregua dei virologi di un paio d’anni fa”.
Virus. “Sicuramente è di origine naturale”: parola (o favola) di Kristian Andersen, professore di immunologia e microbiologia dello Scripps Research e autore corrispondente di uno studio pubblicato su Nature Medicine. “Sicuramente viene da un laboratorio”: affermazione di Joseph Tritto, membro internazionale dell’Academy of Health, presidente di importanti accademie, associazioni e fondazioni internazionali. Studi scientifici alla mano, ricostruisce la genesi del virus Covid-19, frutto di una ingegnerizzazione avvenuta nei laboratori di Wuhan. Viviamo davvero di certezze…