“Good morning to you, good morning to you, good morning my teacher, good morning to you!”. Dal 12 settembre – guarda caso, in perfetta coincidenza con l’apertura del nuovo anno scolastico -, al suono di una campanella, cominciano così le giornate alla Farnesina, la sede del nostro ministero degli Affari Esteri. Ogni mattina, alle 9 in punto, tra incoraggiamenti e applausi, sul portone del Palazzo l’intero personale accoglie il nuovo ministro, Luigi Di Maio, rigorosamente accompagnato dai genitori, come previsto dal protocollo.



L’uomo, lo ha confessato più volte compuntamente, prende sul serio ogni impegno “per spirito di servizio verso il Paese”; perciò si presenta sempre puntuale, con il grembiulino ben stirato, il gran fiocco (giallo) d’ordinanza, la cartella sulle spalle, entrando in classe sorridente, lesto a dirigersi verso il banco. Dopo aver poggiato la cartella, ne estrae il suo bel dizionario (immaginiamo lo Zingarelli, un vero vocabolario da ministro degli Esteri, che sa infatti tante cose perché le ha rubacchiate qua e là… in giro per il mondo); il libro di geografia “Viaggiare sicuri senza fare gaffes”; un non troppo leggero fardello di cartine mute raccolte in una carpetta, anch’essa rigorosamente gialla, titolata “Mute mitiche mete” (Buster Keaton Editore); un assai esaustivo compendio a metà tra il galateo diplomatico e un saggio di anatomia (“L’ambasciator non porta pene”); la quanto mai opportuna merendina – equa e solidale – da gustare all’intervallo seduto su un comodo divano ErreDiCi (Reddito Di Cittadinanza). A quel punto, è pronto a salutare con reverenziale educazione l’insegnante d’inglese: “Good morning to you, good morning to you, good morning my teacher, good morning to you!”.



Eh sì, esercitare la funzione di ministro degli Esteri per uno come Giggino non è facile. La poltrona scotta, ci sono da gestire dossier bollenti, si deve viaggiare, conoscere, approfondire, incontrare personaggi che esprimono culture diverse, differenti sensibilità, lingue a lui sconosciute.

A motivo di ciò, in occasione della prima riunione plenaria alle Nazioni Unite, nella quale interverranno capi di Stato di decine e decine di Paesi, per evitare silenzi imbarazzanti o uscite fuori luogo si farà accompagnare da un nutrito stuolo di selezionatissimi interpreti: ben 193, come gli Stati aderenti all’Onu! E tutti e 193 daranno vita a un assiepatissimo pange lingua attorno al suo seggio: fulminei nell’intervenire in caso di bisogno (tranquilli, il WC non c’entra…).



Ma Giggino è determinato e lesto nell’apprendimento, sempre più sicuro di sé e assolutamente deciso a lasciarsi alle spalle talune uscite, tra il comico e l’imbarazzante, che lo hanno visto scricchiolare nelle precedenti vesti di ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Ve le ricordate? Quella volta che parlò di Pinochet come del dittatore del Venezuela o come quando a Pechino chiamò per ben due volte “Ping” il presidente cinese Xi o ancora quando definì quella francese una “democrazia millenaria”…

Ora non più, assicurano gli uscieri della Farnesina, che si prestano a fungere da bidelli, pardon, collaboratori scolastici. Alacre è l’apprendimento delle varie discipline, dalle lingue alla geografia, passando per la storia e soffermandosi sui congiuntivi (uno dei suoi libri è l’imprescindibile “Saprebbi com’è strano il congiuntivo in italiano”, Di Pietro Editore). Certi di non assistere a scene, riprese dalle varie televisioni, come quella nella quale “il nostro”, sfoggiando un inglese che all’Ikea definirebbero “Traballant” (inizia con un “first of us” al posto di “first of all”), esorta gli studenti di Harvard a… (omissis, sic!).

No, non accadrà più! Perché Giggino nostro – che ha trovato in quel genio dei due mondi di Alessandro Di Battista un perfetto insegnante di spagnolo e che imparerà in fretta il tedesco, semplicemente annuendo a ogni impercettibile gesto o battito di ciglia della Merkel – si sta dedicando a un intenso ciclo di studi. Certo, occorreranno calma e pazienza: allo studente Di Maio Luigi, classe I^ A, andrà concesso il giusto tempo.

I primi riscontri – lo confessiamo, siamo riusciti a sbirciare un paio di compiti in classe – non sono del tutto incoraggianti. Per esempio, alla domanda “Dove si trova Oslo?”, dopo scrupolosa riflessione Giggino ha risposto: “Al centro della CecOSLOvacchia!”. Interrogato sull’OLP, con sintesi piena di zelo ha così sentenziato: “L’Organizzazione per la Liberazione del Perù ha sede in Patagonia, un Paese del Medio Oriente circondato dal mar Ionio, e il suo leader più conosciuto si chiamava… Ararat!”. Invitato a descrivere il Liechtenstein, ha fatto scena muta (già pronunciarne il nome è impresa ardua per chicchessia) e all’ennesimo invito a parlare ha supplicato l’insegnante: “Sul Lichtsteiner sono impreparato. Se vuole però può interrogarmi sulla Repubblica di San Marino di Castrozza…!”.

Ma a Giggino il coraggio non manca di certo (forti di un attestato di webmaster e di un curriculum come steward allo stadio San Paolo, quanti si sarebbero presentati alle elezioni politiche da capolista e candidato primo ministro?), mettersi alla prova è il suo pane quotidiano. Tanto che si è spinto fino ad accogliere ufficialmente il corpo diplomatico del Benin, un piccolo Paese africano di lingua francese. Dopo aver salutato la delegazione con il consueto e ormai diuturno “Good morning to you, good morning to you, good morning my teacher, good morning to you!”, il ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, incoraggiato dalla presenza dei genitori in fondo alla sala dei ricevimenti, ha rotto il ghiaccio con sussiego: “È per me un grande piacere rivolgere – insieme alle autorità della Repubblica presenti – il benvenuto e un saluto, pieno di amicizia, agli ambasciatori del glorioso Stato del Belìn!”.