È uno di quei giorni in cui… Il resto aggiungetelo voi, cari lettorastri (amici lettori dei ComicAstri), sapendo che al nostro odierno incipit dobbiamo tutti molto.
Perciò la citazione d’autore è d’obbligo: grazie dunque a Giorgio Calabrese e Jerry Chesnut, che il brano lo hanno scritto e fatto portare al successo in Italia nel 1971 da Ornella Vanoni col titolo di Domani è un altro giorno. Rifacimento inglese di The wonders you performs della cantante statunitense Tammy Wynette, che lo inserì a suo tempo in un vinile. O come si diceva allora, in un 33 giri.
Stupìti da tanto documentato scibile? Non lo fo per piacer mio ma per far piacere a Dio. Nel nostro caso, non ci spingeremmo così… in alto, ma per venire incontro alle rustiche sollecitazioni dello Zinga, al secolo lo Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo. Il quale sempre ci richiama a non dar sfoggio della nostra beata ignoranza, seppure la fatica nel celare ci costi qualche consultazione di troppo, non sempre gradita, come talvolta ben si evince.
Ma torniamo da dove siamo partiti: se è uno di quei giorni in cui… che giorno è per voi oggi? La classifica generale delle preoccupazioni in comune dice che al primo posto ci sta il conflitto russo-ucraino, al secondo il caro-prezzi (dei carburanti, delle bollette, degli alimentari, delle materie prime, insomma, de tutto), al terzo la pandemia (ciò che ne rimane, con tante incognite sul futuro), al quarto la mancata (e definitiva, checché si paventino ripescaggi) partecipazione della nostra Nazionale di calcio ai Mondiali del Qatar. Dal quinto in poi, è tutta roba nostra e vostra, cari lettorastri: l’ordine di ansie a seguire è tutta farina dei sacchi di ciascuno di noi.
Perciò, potremmo finirla qui, augurandovi semplicemente buona fortuna!, ma noi andiamo oltre, esplorando, almeno in parte, l’ingarbugliato settore (anche internazionale) dei motti beneaugurali.
In bocca al lupo! Già… andatelo a dire a Cappuccetto Rosso! Potrebbe capitarvi di farla sussultare a tal punto che non esiterebbe un amen a chiedere in prestito il fucile del cacciatore, passarlo alla nonnina assai arzilla e, quel che è peggio, con una vista da falco pellegrino; l’ava ci metterebbe poi un nonnulla a prendere la mira con spiacevoli conseguenze per la nostra salute.
Favola a parte, il motto augurale rimane un mistero, legato al fatto che sembrerebbe che pensare il contrario di ciò che si desidera realmente porti bene.
In culo alla balena! Non ce ne vogliano lo Zinga e gli accademici della Crusca, ma l’aforisma, (ehm…disèmm inscì!) ha preso piede negli ultimi vent’anni e si pone al vertice delle frasi usate nell’imminenza di un’interrogazione importante, di un esame universitario fondamentale, di un colloquio di lavoro che può cambiare la vita.
Nell’analisi filologica, pur non essendo esperti, non risulta evidente quale sia il soggetto a trarne vantaggio: la balena, che si vede ostruire un dotto così importante? Oppure il soggetto, che potrebbe anche essere chiamato ad interrompere il maleodorante flusso che a buon diritto possiamo ritenere assai corposo? In entrambi i casi c’è da farsela sotto, altro che fortuna!
Jemandem die Daumen drücken! Letteralmente, in tedesco, questa espressione – pronunciata alzando i pugni – significa “premere i pollici per qualcuno” e in Germania si usa per augurare buona fortuna. Dove nasce questa usanza? Secondo un cugino dello Zinga, il Devoto-Oli, dizionario che nutre profonda devozione per i trattamenti olistici, il modo di dire richiama espressamente la riflessologia della mano: premere il pollice, che è collegato alle emozioni dovute a stati depressivi e disturbi d’ansia, allevia stress e dolori, ristabilendo l’equilibrio nell’organismo.
Al contrario, a parere di uno zio dello Zingarelli, il Sansoni, vocabolario di italiano-tedesco di straordinaria forza linguistica (e non solo), l’origine è legata al nome di Polluce, il dioscuro molto abile nel pugilato: quindi, alzare il pugno premendo il pollice alla Polluce significherebbe la possibilità di mandare al tappeto qualsiasi ostacolo o problema.
Fingers crossed! Per gli inglesi equivale al nostro “incrociamo le dita”. Nel Medioevo si usava incrociarle per impedire al diavolo di infilarsi fra le dita e arrivare a rubare l’anima ai poveri cristi. In Inghilterra, patria del football, non si è mai specificato se a incrociarsi debbano essere quelle delle mani o dei piedi. Insomma, lo fanno i portieri o i centravanti? Ai poster (dei giocatori di Premier League più famosi) l’ardua sentenza!
Mucha mierda! La Spagna, si sa, è paese di emozioni forti. Del resto, in quale altro posto al mondo si possono gustare le palle del toro? E’ noto che questa colorita espressione prende corpo nel mondo degli antichi teatranti, i quali si auguravano che fuori dal teatro “molta merda” di cavalli ingombrasse la strada, a significare come una nutrita presenza di aristocratici alla prima dello spettacolo fosse garanzia di critiche positive sui giornali e foriera di numerose repliche. Quindi “mucha mierda” è un caloroso auspicio di spettatori osannanti accorrenti a palate (trattandosi di fortunosi escrementi, ci sta!), fino a raggiungere il sold out.
E per accomiatarci da voi con qualcosa di resistente, siamo andati a cercare un augurio originale, robusto, quasi indistruttibile, ricco di calcio e di sali minerali, che possa accompagnarvi durante tutta la settimana. E allora vi giunga, in esperanto, il più cordiale dei buona fortuna: Osso di Fartu!
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