Sfogliando il calendario, mandandolo quasi a memoria, la domanda affiora in tutta la sua prepotenza: quanto manca? Poco… Poco ci manca al termine dello stato di emergenza, cari lettorastri (amici lettori dei ComicAstri). Eppure il 31 marzo, termine fissato a mo’ di dead line, sembra ben più lontano di quanto effettivamente sembri.



Non è una questione di giorni mancanti, è che la fantasia galopperebbe avanti, ma non osa, resa pavida da un paio d’anni di clausura (purtroppo non solo interiore), che solo questa guerra assurda ha provato a sminuire nella sua portata. E purtroppo ci è riuscita benissimo!

Ma ci pensate mai a cosa ci aspetterà dopo, alla fine delle limitazioni imposte per il Covid? Al netto di una malaugurata quinta ondata, fatte salve tutte le precauzioni del caso, torneremo a fare cose che non ricordiamo più, delle quali abbiamo perso la traccia e forse il senso. La televisione, Ucraina a parte, paventa scenari possibili, mostrandoci le immagini di quasi tutto il resto d’Europa che ha dismesso le cautele, invitandoci indirettamente a farlo pure noi. E noi, alla stregua di bimbi col naso appiccicato al vetro della gelateria, per ora osiamo solo guardare. Ma l’attesa è vigile, e pregusta avidamente il futuro che sarà. Che sarà, appunto, di agognata normalità, di abitudine recuperata, di vezzo riconquistato.



Mmmhhh… vi percepiamo dubbiosi sul nostro (esagerato?) ottimismo; perplessi di fronte ad ipotesi non ancora acclarate; incerti se crederci oppure no; tentennanti tra doveroso pessimismo e ottimismo fuori luogo; paurosi all’ipotesi di un drastico passo indietro; diffidenti di fronte a trame che appaiono oltre modo entusiastiche; indecisi se scommettere o no su un futuro decisamente più roseo; confusi da un mare di sproloqui; insicuri nel lasciarsi andare al pensare positivo; timidi al solo pronunciare la parola dopodomani; esitanti davanti a proposte che appaiono ancora troppo azzardate; timorosi se accettare la sfida o rimanere nei ranghi; guardinghi su scenari che inducono ad un repentino ritorno alla vita di prima; sfiduciati da troppi mesi di bollettini, eppure speranzosi che il futuro sia una palla di cuoio che rotola in porta dalla parte giusta, quella a favore della nostra squadra.



E allora che facciamo? Per ora mettiamoci alla prova in un veloce ripasso delle cose (belle, o anche no) che finiremo, presto o tardi, per recuperare. Farne memoria non vuol dire passare subito all’azione: usiamo tutte le cautele del caso, ma guardare avanti è gratis, così come lo è la lettura di questo pezzo sornione anzichenò. E allora, in ordine sparso, voltiamoci indietro per mirare avanti!

• Non sarà immediato, ma torneremo ad abbracciarci: un gesto che ad un certo punto è stato considerato inconsulto (un po’ come fare il dito medio). Pensate, potremo abbracciare cinesi – come a suo tempo auspicato dal sindaco Sala, quello di Milano, o come hanno sempre continuato a fare Marotta e Zanetti, dirigenti dell’Inter -, ma non solo, anche francesi, tedeschi, inglesi, ucraini (che ne hanno tanto bisogno…). I russi? Massì, abbracceremo pure loro, purché la smettano subito con questa gran puttinata della guerra! Quanto a macedoni (del nord), e turchi o portoghesi, aspettiamo ancora un po’: chissà se potremo già abbracciarci la prossima settimana, in occasione degli spareggi mondiali. Il nerazzurro abbraccerà il rossonero, il bianconero cingerà quello della Viola, lupacchiotti e aquile canteranno avvinghiati insieme, grifoni e lanternati doriani si stringeranno d’affetto, cantando “Genova per noi” del grande Bruno Lauzi.

• Chi potrà, tornerà a fidanzarsi. Oramai, ci si accontentava di scorgere le ragazze dal naso in su… Per i ragazzi, chi avrà scommesso sulle labbra di lei, non resterà deluso dall’assenza della mascherina. E anche qualche rara frustrazione potrà essere meglio sopportata dalla paradisiaca visione di altri volti, finalmente completamente scoperti. E per le ragazze? Anche voi, esaltatevi per ciò che merita, passate oltre laddove non ci si può soffermare. Ricordando che non è bello ciò che è bello, ma ciò che finalmente si può tornare a scoprire senza ritegno (le belle facce, che avevate capito?)

• Alzi la mano (e si vergogni un po’) chi non lo farà: vi invitiamo tutti! Perciò, quando ce lo potremo permettere, torniamo a bere a canna! L’emozione di un collo di bottiglia da un litro di bibita condivisa nello spogliatoio è impagabile! E il brivido un ghiacciolo morsicato in sette? O se preferite, la saporosa freschezza di una pinta di birra scolata a più bocche: bei tempi che stanno tornando.

• Ma ve lo ricordate, il vostro capufficio? Prima di Meet, di Zoom, di Webex o di qualsiasi altro Teams che dir si voglia… Grande parlantina, le cui conseguenze, in termini di scaracchi, espettorati, concitazioni catarrose, minuscole (nei casi migliori) concentrazioni salivari, erano a tutti ben note. E da tenere alla larga. Eppure, siamo quasi sicuri che il primo sputazzo dal vivo avrà qualcosa di naturalmente familiare e benevolmente consuetudinario. “Bentornato, simpatico nonché catarroso rompicoglioni del mio cuore aziendalista!”.

• Infine, last but not least, torneremo a baciarci: mamma con figlio, fratello con sorella, nonno con nipote, lui con lei. Genero con suocera, amante con amata, magari persino cornuto con cornuta. Non sappiamo precisamente quando ciò avverrà, ma sarà bellissimo. Con affetto, alla prossima settimana!

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