A dominare da giorni la scena sono senza dubbio le polemiche e il dibattito sul fondo salva-Stati, il Mes, acronimo di Meccanismo europeo di stabilità. E’ l’ultima diavoleria inventata dai tecnocrati di Bruxelles, i quali, non avendo mai un cavoletto (siamo pur sempre a Bruxelles…) da fare, passano le loro giornate a legiferare sulla curvatura delle banane.



Ci siamo messi di buzzo buono a leggere articoli molto dotti, ad ascoltare pareri assai qualificati e a informarci approfonditamente compulsando accademici di fama, con l’obiettivo di potervi illuminare su questa ostica materia. Insomma, citando a mo’ di battuta un po’ scontata una pubblicità degli anni Sessanta, ci sarebbe davvero piaciuto, magari all’ora dell’aperitivo, poter fare un bel punto della situazione sul fondo salva-Stati, cioè un Punt e Mes. Ma – ahinoi – non siamo economisti né la finanza è il nostro punto forte. Anzi, diciamo la verità, ai nostri occhi il Meccanismo europeo di stabilità risulta un marchingegno alquanto complicato da capire e -figuratevi – da spiegare.



Al contrario, terminata, con un crampo alle meningi, la convulsa consultazione delle fonti, nelle nostre menti di inguaribili guitti – abituati cioè più alle gags che alle Cacs (altro acronimo, che sta per collective action clauses, clausole di azione collettiva, in cui ci si imbatte studiando il fondo salva-Stati) -, il Mes ha sortito l’effetto opposto: anziché schiarirci le idee, ha suscitato una sequenza di domande, impertinenti anzichenò, alle quali non sappiamo affatto dare una risposta. Ecco perché le proponiamo qui, sul Sussidiario, nella speranza che qualcuno raccolga il nostro messaggio in bottiglia e riesca a diradare le nebbie in cui siamo sprofondati. Perciò…



1) Il Mes si chiama così perché si può usare una volta al mes?

2) Un qualsiasi Stato dell’Eurozona che, in difficoltà finanziarie, avanzasse richiesta di aiuto al Mes, dovrebbe far recapitare la sua richiesta esclusivamente tramite un ComMes comunale?

3) Trovandosi in una situazione di mancato rispetto dei parametri di Maastricht e non potendo quindi accampare troppe pretese, un Paese potrebbe rivolgersi al fondo salva-Stati chiedendo gentilmente il PerMes?

4) Se la domanda venisse accolta positivamente, sarebbe corretto affermare che quel Paese è stato amMes al piano di salvataggio?

5) Gli aiuti finanziari elargiti dal fondo salva-Stati vanno ovviamente restituiti; nel caso un Paese Ue non riuscisse a ottemperare questo obbligo, verrebbe automaticamente estroMes dall’Unione europea?

6) A quel punto, una volta espulso dalla Ue, un Paese avrebbe comunque la possibilità di essere riamMes?

7) E infine: se davvero lo scopo del Mes è quello di aiutare a dribblare con successo le crisi finanziarie e così dare un calcio a possibili default dei conti pubblici di uno Stato, a quel punto perché non si è ottimisticamente deciso di chiamarlo Leo Mes?

Questioni, quelle che vi abbiamo appena proposto, a cui non è affatto facile dare una risposta idonea, adeguata, efficace. Immaginiamo già autorevoli giuristi di tutta Europa al lavoro per dipanare questi dubbi.

Da parte nostra, quando ormai eravamo pronti alla resa e ci apprestavamo mestamente a gettare le armi, è arrivato in nostro soccorso – come spesso capita – proprio Il Sussidiario. A cui saremo – finché vivrà l’Unione europea – eternamente grati. Perché in appena due righe due ci ha fornito la migliore e più sintetica definizione del fondo salva-Stati: “La crisi dell’Italia se la ciucciano gli italiani, quella di Deutsche Bank tutti gli europei. Questo è il Mes”. Fulminante, chiaro, geniale. Tanto che, dopo averle lette e meditate, eureka!, ci si è accesa la lampadina: abbiamo capito tutto! Eh sì, cari lettori, il vero acronimo di MES è semplice: Merkel E’ Salva!

E noi italiani? Se la preMes è questa, con il Mes siamo proprio… malMes!