Cinema chiusi, teatri stessa cosa, bar a mezzo servizio. Supermercati? Pericolosissimi, così come bar e ristoranti. Chiese chiuse (Quaresima rimandata a giugno o a settembre? Noi siamo abituati a giocare coi fanti e a lasciar stare i santi), musei aperti (ma con la primavera incombente, hai voglia a richiuderti nell’ennesimo spazio chiuso), poco calcio, solo da salotto (e ovviamente senza pubblico). Volete che tutto ciò non ricada a cascata sulle abitudini quotidiane? E volete che tra quelle più piacevoli e obbligatoriamente consuete non ci sia anche quella della tavola? E volete che a molti di noi, visto il periodo favorevole (di inclinazione alla depressione, intendiamo), non sia venuto in mente di iniziare una dieta?



A sfogliare un qualsiasi portale salutistico, anche il più incaponito e volenteroso degli oversize si troverebbe in imbarazzo, a dispetto della serie infinita di opzioni, riconducibile, grazie alla teoria degli insiemi, a tre macro-categorie: la prima, che potremmo definire delle diete accettabili; la seconda, che potremmo chiamare delle diete di nicchia; l’ultima, che si potrebbe denominare delle diete folcloristiche (quando non pericolose).



Appartiene alla prima fascia la dieta italiana. Sostanzialmente imparentata per via di uno zio cuoco con la più conosciuta mediterranea, ne ricalca le linee con regole più farree (sì, avete letto bene, non abbiamo scritto ferree, ma farree, perché la dieta italo-mediterranea accolse trionfalmente in sé, migliaia di anni fa, il farro, cereale precursore del grano). Avrete davanti a voi anni di sofferenza al prezzo di sacrifici inumani. Tutto si muoverà intorno a voi, eccetto il vostro peso.

Scartata questa opzione, se ne potrebbe prendere in considerazione un’altra: ad esempio, la dieta ipolipidica. E qui si mettono alla porta i grassi, così come il sodio; a trionfare sono cereali integrali, vitamine, minerali, fitoterapici, antiossidanti e fibre; il vostro peso, pervicacemente costante, sarà comunque un utile trampolino di valorizzazione delle vostre abilità attorial-teatrali: in soli sei mesi potreste diventare così tristi che recitare in una tragedia di Sofocle sarebbe per voi più facile che non declinare da bambini la poesia di Natale davanti agli zii e ai cugini.



Sulla dieta a zona, ce ne sarebbero da dire. Ma come sistema ci sembra superato dalla zona mista e da altri sistemi più evoluti (4-2-4, 3-4-1-2, 4-3-1-2…), che meglio difendono la vostra salute, vi smarcano da un’alimentazione noiosa, vi consentono di mettere fuorigioco gli eccessi e i cibi grassi e vi predispongono ad attaccare il pasto con minor preoccupazione. Dite che non stiamo parlando di alimentazione, ma di altro? Mmmmh…

E allora ci tocca passare alle diete cosiddette di nicchia. Prevalentemente di impronta salutistica, in genere seguite da persone molto motivate (il che taglia già fuori molti di voi, tanto cari quanto fedeli e inchiattiti lettori) e supportate spesso da una filosofia ispirata all’ecologia e all’armonia dell’uomo. Tra queste, la più famosa è forse la macrobiotica, il cui principio fondamentale è la masticazione. Masticare bene vuol dire ricavare al meglio dal cibo le sostanze benefiche in esso contenute; la digestione inizia già all’interno del cavo orale. Una raccomandazione (si mastichi un boccone almeno cento volte) che a noi palati robusti tramuta il presunto equilibrio ritrovato in una maledizione quotidiana, andando irrimediabilmente a incrinare quella fondamentale sintonia tra noi e l’universo che ci circonda, forse perché ignaro che uno spaghetto-pomodoro-e-basilico o un risotto-coi-funghi porcini (meglio se innaffiato da degno calice di vino) contengono in sé proprietà metafisiche inaspettate.

Da ascrivere tra le diete di nicchia, la crudista sta scalando le classifiche di gradimento. Gradimento di chi non si sa, perché il solo privarsi del salame cotto, del prosciutto cotto, della panna cotta e financo del pancotto e dello stracotto ci mette, al sol pensiero, i crampi allo stomaco. Alzi la mano chi di voi è pronto a pagare questo scotto?

Restano da passare in rassegna le cosiddette diete folcloristiche. Pericolose quasi per definizione, promettono risultati improbabili. Spesso ospiti nei salotti trash tv che contano, godono di tanto grande quanto immeritata popolarità. Tra le più curiose, non possiamo non citarvi la paleodieta, che ripropone lo stesso tipo di alimentazione necessariamente in voga nelle popolazioni vissute nel periodo precedente la scoperta dell’agricoltura, avvenuto circa 10mila anni fa. Non è difficile immaginarsi la moglie del giorno d’oggi prendere a colpi di clava il marito, di ritorno dal parchetto senza cena… e gli animalisti/ambientalisti hanno già messo i pochi coniglietti della zona al sicuro dalle pericolose casseruole domestiche.

Altrettanto bizzarra appare ai nostri palati la dieta dissociata, il cui principio basilare è la consumazione di un unico alimento per pasto, col pericolo che la dissociazione alimentare provochi il ben più grave disturbo dissociativo, per il quale rimandiamo ai libri di psicologia.

Cosa rimane, alla fine di questa disquisizione, dove il dotto scarseggia per lo meno come la lingua italiana nelle “storiche” interviste di Antonio Di Pietro? Poco o nulla: se non che, passato questo periodo diviso tra preoccupazione e atarassia, ci ributteremo nelle nostre diete quotidiane, pressapochiste e niente più.

In linea teorica, tra le nostre preferite, la semprequellista (dieta ricca di soddisfazione: sempre pizza, sempre pasta, sempre patatine fritte…) sta al primo posto (o al primo pasto?), seguita ad un’incollatura dalla quantista (che unisce la quantità alla qualità) da accompagnarsi rigorosamente alla liquidista (qualità e quantità nei boccali, nei flut, ma anche nei semplici bicchieri).

Ridendo a scherzando (e sconsigliando vivamente le ultime tre diete, in assoluto le peggiori di tutte), si è fatta una “certa”. L’ora incombe, l’appetito pure. E allora… a tavola! Se no, che vita è???

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