Plurime volte, e con un certo orgoglio, abbiamo lasciato spazio su queste colonne al nostro amato Zingarelli. Un vocabolario che, come la maggior parte di voi ben ricorda, sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo. Un’amicizia della quale noi, modesta coppia di tenutari di rubrica che altro non siamo, non possiamo che andar ben fieri. È per questo che con malcelata preoccupazione vogliamo condividere l’ansia che ci pervade da un po’ di tempo a questa parte. Sì, perché per lo Zinga sembra un brutto periodo, ci appare strano. Smagrito e preoccupato, assorto e meditabondo nella sua biblioteca privata, palesa un continuo e progressivo calo di peso.
Non pago, si dice pronto a scendere nuovamente in piazza, come ha fatto negli ultimi giorni di settembre in qualche rinomata città italiana, a protestare. Ma per chi… perché… per cosa? Preoccupàti dal suo stato in continuo peggioramento (c’avesse almeno una badante a occuparsi di lui… ma la vuole italiana, con regolare contratto… “a libri”, ripete con gergo evidentemente editoriale, o forse sarebbe meglio dire “edittatoriale”) siamo stati a trovarlo nella sua maestosa casa (editrice, ovviamente) per vederci più chiaro. E l’abbiamo trovato oltremodo smagrito. Smagrito e “strano”. Portatore non troppo sano di idiomi a noi pressoché sconosciuti. State a sentire…
Zingarelli: Orsù, chi bussa alla mia modesta magione?
Comicastri: Zinga, sei al citofono. Siamo noi, facci entrare, dai…
Zingarelli: Pronto, chi favella?
Comicastri: Non è un telefono, Zinga. Apri.
(Dopo 10 minuti di trattative citofoniche, riusciamo ad arrivare sulla soglia della porta di casa. Entriamo e ci accomodiamo con non poca preoccupazione)
Comicastri: Finalmente, Zinga… Allora come stai? Come va?
Zingarelli:: Opìmo e sacripante come non mai!
Comicastri: Non ci pare proprio. Non ci sembri in gran forma…
Zingarelli:: A cagione del vostro stoltiloquio, duo di stolidi, opterò per un più sano solipsismo
Comicastri: Ma ce l’hai con noi?
Zingarelli: Nient’affatto. Ma una parte dell’italica stirpe mi ha scrasciato il cuore. Non vorrei sembrare zoilo, ma essendo cresciuto a pane ed eutrapelia, mi limiterò a un fervorino. Ingrati, imbolsiti, ignavi!
Comicastri: Addirittura?
Zingarelli: Ma non avete visto? Rischio di perdere più di 3.000 parole desuete. Gli italiani, abbandonata da immemore tempo la calligrafia, nubivaghi e abbacinati da anglicismi e tecnicismi tra i più astrusi, non avvertono più alcuna bibliosmia; hanno, ahimè, perduto la loro naturale facondia e allora … nturtigghiuni!
Comicastri: Cosa? Cosa c’entrano i… tortiglioni?
Zingarelli: Nturtigghiuni… avverbio di moto a luogo che esprime l’azione di lanciare in maniera poco precisa un qualunque oggetto contro un determinato soggetto. (…)
Dopo una quarantina di minuti di incomprensibile e aulico parolare, riusciamo a eclissarci dall’amato (ma in questo periodo stravagante) Zinga. Salvo poi leggere nei giorni seguenti la “feral” notizia.
“Mentre l’interesse della comunità dei parlanti viene spesso catalizzato dalle parole nuove, o neologismi, vale la pena ricordare la bella iniziativa che Zanichelli porta avanti da tempo: il progetto sulle “parole da salvare”. Sono circa 3.000 termini che, nel vocabolario della lingua italiana Zingarelli, hanno evidenziato accanto un fiorellino, e che rappresentano un patrimonio di parole preziose, espressive, icàstiche, come direbbe Italo Calvino (a sua volta una parola da salvare!), oggi cadute, ahinoi, in semi-disuso. L’intento è non solo di far conoscere una parte meno nota del nostro patrimonio lessicale, ma anche di invitare al suo impiego, per ritrovare il gusto di parole meno consuete, anzi, desuète (altra parola con il fiorellino) che sarebbe un vero peccato perdere. Più parole conosciamo e sappiamo usare, infatti, più siamo linguisticamente potenti”.
E così la paura di perdere parole tanto preziose lo ha fatto dimagrire e innervosire per davvero, ma… tranquillo, Zinga! Nessuno ti vuole tagliare, né smagrire, anzi! Continua pure nella tua specialità (rubacchiare parole – e non solo – qua e là in giro per il mondo). E ti giunga, a tal fine, il nostro incoraggiamento: continua pure a “favellar come manduchi”. Tradotto in un italiano più… commestibile: “parla come mangi”!