– Siamo alla vigilia della nuova Maturità 2019, lo sapevate?
Beh… a dire il vero l’ho fatta nel 1978.
– Non sia evasivo, stia in tema…
D’accordo, oramai ci siamo, manca solo un giorno, in guisa del fatto che la prima prova scritta è in programma domani.
– E cosa si intende per “nuova maturità”?
Che la struttura dell’esame è cambiata per l’ennesima volta.
– In che senso? Specifichi meglio…
Partiamo dal tema di italiano: verterà sull’analisi del testo, presumibilmente una poesia e una prosa a scelta del candidato.
– E la seconda prova?
E’ la sfida più temuta dagli studenti, perché prevede la doppia materia.
– Non si faccia sempre pregare e dettagli in maniera più definita.
D’accordo: significa matematica e fisica assieme per il liceo scientifico e parallelamente latino e greco al classico. E poi c’è la grande incognita.
– Quale?
Il colloquio orale.
– Qual è l’origine di un’affermazione così perentoria?
Vedremo in azione il cosiddetto “metodo Rischiatutto”.
– Declini succintamente di cosa si tratta…
Fa riferimento alla popolarissima trasmissione a quiz condotta da Mike Bongiorno. Ogni candidato sarà tenuto a pescare, meglio a scegliere, o forse ancor meglio a “estrarre a sorte”, evocando così l’antico fato, uno solo nella terna di indirizzi tematici che darà seguito all’intera interrogazione. Sarà compito della commissione sottoporgli tre buste, e similmente al grande presentatore scomparso qualche anno fa (ma ben vivo nel cuore e nella mente dei cervelli del Miur) pronunciare le fatidiche parole: “Quale busta sceglie? La 1, la 2 o la 3?”. Una volta effettuata la scelta, identificata la busta con il relativo argomento, il candidato verrà invitato a mettersi la cuffia e a rispondere alle domande.
– E quanto tempo avrà per rispondere?
Un minut
− Solamente un minuto??!!??
Ma dài, cari lettori maturandi e non, stavamo scherzando… Di tempo ne avrete a disposizione quanto basta. Su tutto il resto, invece – prima prova, doppia materia, orale con le buste – non vi stavamo affatto turlupinando. Tuttavia: tranquilli! Non che ci sia da preoccuparsi più di tanto: non siete i primi, né gli ultimi che affrontano un esame di maturità dissimile da quello dell’anno prima. E comunque milioni di ragazzi negli anni sono passati da queste forche caudine, compresi (allora) giovani studenti che oggi ricoprono ruoli pubblici importanti, dalla politica allo sport. Peschiamo a caso? Evvai!
Giuseppe Conte. Scambiato per Antonio, del quale è comunque corregionale, fu spedito a svolgere gli esami al liceo scientifico “Vittorio Pozzo” di Coverciano. Il problema è che l’altro Conte, Antonio, scambiato per Giuseppe, dovette affrontare l’esame di Stato al liceo classico Pietro Giannone di San Marco in Lamis. Ancora oggi, ripensando a quell’esperienza, il neo-allenatore dell’Inter continua a ripetere: “Fu davvero agghiangiande!”.
Luigi Di Maio. L’esame di maturità in giacca e t-shirt aveva già il significato di un taglio drastico con il passato. Una scelta di popolo (sono stati i suoi amici a caldeggiarne il look), quando ancora Rousseau era un filosofo da studiare a scuola e non una piattaforma informatica interattiva. Testimoni oculari raccontano che “ha passato la fatidica notte prima degli esami non esattamente chino su una scrivania, bensì sdraiato su un divano. Perché se studiare non è un divertimento, allora meglio divertirsi e basta! Ha speso 380 euro in una sera! E se il suo reddito di cittadinanza (così suo papà era solito definire la paghetta mensile di Giggino) fosse stato maggiore, l’avrebbe fatto fuori tutto ugualmente. Notte passata a smaltire la sbornia, dunque, ma la mattina, fresco di barba e con motivazioni da vendere, “mi sono presentato all’esame – ha ricordato Di Maio -, unico del Liceo Vittorio Imbriani di Pomigliano d’Arco, con la giacca. Sotto portavo una semplice t-shirt, ma volevo riconoscere il massimo dell’importanza a un appuntamento pressoché fondamentale. Ai professori che chiedevano spiegazioni a riguardo risposi che ci tenevo a dare autorevolezza a qualsiasi occasione ritenessi importante, a 5 stelle. E che poi bisogna sempre stare in Movimento”. A quel punto, i commissari si alzarono in piedi e invitarono il giovane Giggino: 1) a cantare l’inno di Mameli passando in rassegna l’intera Commissione d’esame; 2) a giurare sulla Costituzione; 3) a posare una corona di fiori ai piedi del commissario interno (che si prestò, benevolmente commosso, alla situazione). Finita la prova orale, al candidato Di Maio venne proposto un voto finale di 60/100, ma Giggino s’inalberò, e i compagni di scuola, assiepati sui platani con ottima vista sull’aula dell’esame, si disalberarono e scendendo a terra pretesero a gran voce la ri-messa ai voti del suo esame. Risultato: un plebiscitario 100/100.
Matteo Salvini. Maturità non meno ordinaria per il vicepremier e ministro dell’Interno, svoltasi nel prestigioso liceo classico Manzoni a Milano. Fu l’unico studente che allo scritto, anziché latino (“è la lingua di Roma ladrona” si giustificò), affrontò con successo la traduzione di un’incisione rupestre camuna. All’orale gli vennero chiesti: un Po di geografia e tanta storia della Padania; di sua sponte presentò una tesina su “Lo sbarco in Normandia: come sarei riuscito a bloccarlo”. Voto finale: 48/60. Eppure già allora il giovane Matteo puntava a Quota 100. Centesimi, ovviamente!
Roberto Fico. Il presidente della Camera ha raccolto 40/60, perciò sanza infamia e sanza lode. Ha però regalato ai suoi estimatori il simpatico racconto della “cartuccera”: una sequenza infinita di bigliettini (stile pizzino, ma la mafia non c’entra) piegati e ripiegati, ciascuno con un tema diverso, che poi non si sentì di utilizzare. Memorabile il suo consiglio ai maturandi: “Non bisogna copiare niente, ma scrivere quello che si ha dentro”.
Mario Balotelli. Uno dei pochi che ha ascoltato il consiglio di Fico: alla fine nel tema di italiano ha consegnato il foglio bianco… È uscito dalla maturità con un calcio. Ma chi gliel’ha dato non è stato neppure ammonito…