Un altro imminente derby per Inter e Milan? Sììì!, immaginiamo già l’esultanza dei bauscia (sbruffoni, in dialetto milanese)… Nooo!, esclamerebbero quasi sicuramente i casciavìtt (cacciaviti), visti i risultati non proprio esaltanti delle ultime sfide. Ma qui non si tratta, per dirla alla Gianni Brera, di podomachia (dal greco letterale: lotta dei piedi), ma di architettura.



Pochissimi giorni fa, nella moderna sede del nuovo Politecnico di Milano, sono stati svelati i due progetti finalisti che daranno alla città della Madunina uno stadio non solo completamente nuovo, ma innovativo, al passo coi tempi, eppure nel segno della continuità e della tradizione meneghina. Abituiamoci all’idea di dover dire addio al glorioso San Siro, oramai in procinto di lasciare campo (è proprio il caso di dirlo) al suo successore, che, garantiscono i tecnici, non lo farà rimpiangere.



Come ben sapete, due sono i progetti finalisti: il primo, realizzato dall’architetto americano David Manica (soprannominato“Manica larga” per via di una fama acquisita come ideatore di progetti dove non si bada certo a spese quando si tratta di introdurre materiali innovativi); il secondo, ideato dallo studio Populous, che deve il suo nome al folto assembramento di professionisti (più di 7mila tra architetti, geometri e ingegneri edili) che “popolano” gli uffici statunitensi della “premiata ditta”.

Manica ha previsto uno stadio con due anelli che si intersecano e “che rappresentano Inter e Milan, rivali ma unite nel progetto”, un impianto ovale (l’illuminazione sarà a occhio di bue?), su cui dominano i due anelli (a ferro di cavallo), con la possibilità di personalizzare lo stadio con pannelli e luce: rossa quando giocherà il Milan, blu per l’Inter. Uno stadio concepito per tagliare la testa al Toro (e per le due tifoserie, soprattutto alla Zebra).



È invece un omaggio al Duomo e alla prospiciente Galleria Vittorio Emanuele l’idea al centro del progetto di Populous, che prevede vetri e “guglie”: chissà quanti palloni si bucheranno se in una partita i difensori calceranno la palla a campanile, per non parlare dei vetri rotti, in occasione di calci di punizione o tiri al volo, con velocità della palla superiore ai 120 km/h. Dobbiamo comunque immaginarci un parallelepipedo, con spalti molto vicini al campo, a tinte rosse oppure blu, a seconda della squadra padrona di casa.

Anche noi, tifosi comuni, saremo chiamati a dire la nostra, tramite una sorta di referendum online.

Ma la domanda è un’altra: cosa ci siamo persi? Quali altri progetti sono stati scartati? E se ce ne fosse stato qualcuno degno di arrivare in finale? Stando alle informazioni in nostro possesso, qualche altra buona idea architettonica (che siamo stati in grado di recuperare) che potesse rappresentare i simboli della città di Milano, c’era. Ma lasciamo giudicare a voi.

Panettone Arena. Lo studio Acqua Farina Sale Canditi Associati si era ispirato al dolce tipico milanese. La denominazione all’americana – Panettone Arena – voleva essere un omaggio all’altra storica struttura milanese, ora usata soprattutto per l’atletica leggera. Uno stadio a forma di cupola, con le luci posizionate qua e là come frutta candita. I posti a sedere delle differenti tribune si caratterizzavano per la loro soffice morbidezza. Anche l’impatto sull’ambiente sarebbe stato ridotto al minimo: una volta terminato l’evento sportivo, lo stadio si sarebbe potuto comodamente smontare a fette.

Trammodromo. Lo stadio pensato dallo studio Mario Binario & Associati si caratterizzava per la sua forma rettangolare allungata, tipo tram appunto, con più posti in piedi che a sedere, ciò a favorire la dinamicità e la passione dei tifosi per l’evento sportivo. Molto particolare la denominazione dei vari settori dello stadio: la curva Est si sarebbe chiamata Trambusto, quella Ovest Tramonto, il catering per i tifosi vip sarebbe stato servito in un area esclusiva chiamata Tramezzino. E i giocatori, uscendo dagli spogliatoi, sarebbero entrati in campo correndo e saltando da una tavola elastica a due metri d’altezza chiamata Trampolino. Con questo progetto ci si proponeva un augurio e un incitamento per entrambe le squadre milanesi: che la formazione ospite prendesse sempre e costantemente una bella… tramvata!

Ringhiera Stadium. Lo studio Ragazzi della Via Gluck ha proposto il progetto più economico. Non a caso, il preferito dalla giunta comunale e dal sindaco Sala, e lasciateci dire, anche da noi. Un piano che non avrebbe previsto l’acquisto di abbonamenti o biglietti per una singola partita, ma affitti e sub-affitti, settimanali (campionato e coppa) e mensili (quattro o cinque partite). Il campo da gioco sarebbe apparso come un cortile completamente verde. Tutto intorno, invece delle obsolete tribune e delle stucchevoli curve, la presenza di file orizzontali di mini-skybox, costruiti su più livelli, studiati per la condivisione di ballatoi o balconi, disposti lungo l’intera lunghezza della struttura, con la funzione di vie d’accesso ai singoli posti, tutti rigorosamente in piedi, appoggiandosi – ecco la ragione del nome – a ringhiere color rosso ruggine (quando gioca il Milan) o blu stinto (quando è il turno casalingo dell’Inter). I servizi igienici sarebbero stati posizionati esternamente allo stadio, in prossimità del Naviglio, che sarebbe stato appositamente deviato fino in piazza Axum. Ciò avrebbe permesso non solo un’adeguata collocazione rispondente alle necessità, diciamo così, fisiologiche, ma avrebbe consentito a una buona fetta di tifosi di arrivare allo stadio su apposite chiatte (a pagamento, come i normali mezzi pubblici), con partenza dalla Darsena. E al Ringhiera Stadium, nell’intervallo di ogni partita, sarebbe stato facile andare – per dirla alla maniera di Fabio Caressa – “tutti a prendere un bel thè caldo”: appuntamento dalla signora Teresa, quella del terzo piano!