“Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno la primavera”.
È così che, proseguendo in un campionario di citazioni da far invidia a Gigi Marzullo, che abbiamo il piacere di esordire, in questo martedì post-pasquale, che profuma ancora di Resurrezione, ma prosaicamente puzza di Champions (ogni riferimento a ciò che accadrà alle 21 di stasera, purtroppo non è affatto casuale).
Il riferimento poetico di cui sopra, cari lettoràstri (amici lettori dei ComicAstri), è del grande Pablo Neruda. Verità inconfutabile la sua. Eppure, chissà se, tagliandoli tutti (i fiori), si fermerebbero le allergie stagionali. Ma queste sono questioni di lana caprina, inutile soffermarvicisi… (da tempo immemore desideravamo chiudere una frase con un verbo declinato al vicisi).
Mentre, per entrare nel vivo dell’attualità, siamo stati oltremodo incuriositi dalla recente decisione dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, che ha disposto il momentaneo stop di ChatGPT.
Che roba è? ChatGPT è un chatbot. Ah ecco… Se finora avevate pensato a un’applicazione utile ad acquisire Buoni del Tesoro tramite sms o whatsapp, siete fuori strada. Si tratta invece di un software basato su intelligenza artificiale e machine learning (termine che serve a comprendere che è meglio non fare domande su argomenti che non si avrà mai l’intelligenza, tutt’altro che artificiale, di comprendere) sviluppato dall’organizzazione di ricerca senza scopo di lucro OpenAI. Fondata nel 2015 da alcuni big della Silicon Valley, tra cui Elon Musk, possiamo farla facile almeno qui e dire, semplificando al massimo, che simula ed elabora conversazioni umane. Ma se è un’intelligenza artificiale amichevole, perché il Garante l’ha bloccata? Perché al centro del contender c’è l’uso delle informazioni per addestrare l’algoritmo.
Sin qui la cronaca. Nel concreto, quelli forse maggiormente colpiti dall’altolà sono risultati i milioni di studenti maturandi, che a pochi mesi dall’esame avrebbero fatto volentieri affidamento su ChatGPT per superare brillantemente la prova scritta di italiano. Lungi da noi l’idea di incentivare i lazzaroni (il nostro unico, semplice, ma incrollabile consiglio a costoro è: “rimboccatevi le maniche, e studiate!”), siamo altrettanto consci del fatto che due anni di Covid, con annessa chiusura delle scuole e Dad (Didattica a distanza) hanno lasciato strascichi e lacune in una buona fetta della popolazione scolastica italiana. Perciò ci permettiamo di suggerire – adelante con juicio, si puedes – alcune versioni “craccate” di ChatGPT.
ChaChaChaGPT. È un algoritmo di intelligenza artificiale sviluppato a Cuba. Da ascoltarsi preferibilmente con auricolari, o meglio ancora, con cuffie di buona resa: questo tutto sommato didatticamente divertente chatbot elabora testi, risponde a domande, propone riassunti e risolve problemi matematici al ritmo di un’irresistibile musica afro-latinoamericana.
Vade-via-ai-ChapGPT. Realizzato da un gruppo di ragazzacci milanesi, in “ambiente AI” questo algoritmo viene ironicamente chiamato Vade-via-al-Q-GPT, perché a renderlo immediatamente riconoscibile è l’uso smisuratamente abbondante di parole che iniziano con la lettera Q. Per esempio, alla domanda “Qual è il più grande poeta italiano?” La prima risposta è stata: “Quantunque qualunque qui pro quo qua quasi quadra, la questione troppo qualunquista qualifica la quintessenza di una questione da quiz e non da Quark”. Abbiamo però insistito: “Orsù, dacci un nome!”. E il chatbot ha sentenziato: “Quasimodo!”.
ChazzGPT. Dal Canton Ticino trae origine una versione svizzera di ChatGPT, così denominata perché è stata elaborata da alcuni ricercatori dell’Università di Chiasso (Ciazz in dialetto laghéè, quello di Davide Van de Sfroos, per intenderci – idioma comprensibilissimo anche in tutto il biaschese, zona di provenienza, come ben sapete, della nostra suor Elvezia Bernasconi). L’utilità dell’algoritmo è tutta rossocrociata: pensate che è in grado di tradurre, in appena tre millesimi di secondo, qualsiasi espressione, pronunciata in qualsiasi lingua (pensiamone una strana, l’ugrofinnico) in tutte le lingue parlate nei vari cantoni: tedesco, francese, italiano e romancio. Ma non solo, anche nei vari dialetti, come lo svizzero tedesco, l’alemanno, il retoromancio.
Perciò termini come biluxare, caquelon, apèro, natel, röstigraben, slozzo o zucchino non avranno più segreti per alcun cittadino della Confederazione Elvetica. E per noi, che neppure siamo frontalieri? Il mistero resta, anche se prima o poi ci toccherà svelarlo, pezzettino dopo pezzettino, frase dopo frase, parola dopo parola. Solo per darvi un assaggino, pensate che biluxare significa alternare in auto i fari anabbaglianti a quelli abbaglianti. Roba da SPQR (Sono Pazzerelli Questi Rossocrociati) oppure ma di che chazz parla ChazzGPT?
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