Ve lo possiamo confermare, cari lettoràstri (amici lettori dei comicAstri): la trumbetèra era degna della squisitezza della padrona di casa.

Come come come? Dobbiamo rinfrescarvi la memoria? Eccovi accontentati! 

Pronti a ripartire da qui, dal desco della Elvis (al secolo suor Elvezia Bernasconi, direttrice del “Pio collegio e Pio Istituto per la Pia Gioventù e i Pii Anziani Pio XII e Pio XIII” di Biasca, in Canton Ticino, Svizzera) che ci ospita per la gioia nostra e dei nostri lettoràstri.



Allora, suora, saremmo qui per parlare di vacanze…

Allora cascate a pomodoro…

Immaginiamo voglia dire cascate a fagiolo…

Ma siccome i fagioli dell’orto ve li siete mangiati tutti voi con la trumbetèra, mi sembra giusto celebrare la ricchezza dei nostri pomodori, dei quali non è mai abbastanza esaltato…



Ok, ok, come non detto. A merenda, insalatona di pomodori: ma le vacanze?
Eeeh, quest’anno faremo di necessità Viggiù.

Virtù, vorrai dire…

Come diceva un grande santo, San Josè Mourinho (ghigno angelico, suor Elvezia è un’interista sfegatata) “… non sono mica pirla”. Se dico Viggiù è Viggiù. Porteremo lì le nostre anziane per qualche giorno di svago dalla mia consorella, nonché sorella maggiore, suor Tessa Bernasconi, che vive nel convento della ridente cittadina in provincia di Varese.

Tessa è uno strano nome…

Il nostro papà, Dio l’abbia in gloria, era un amante della pesca, così ha chiamato la sua primogenita Platessa. Poi ci ha pensato mamma Dina (che già c’aveva la sue, dopo capirete perché) a far cessare la tradizione dei “nomi ittici” in famiglia. Non per niente mi chiamo Elvezia e non Tinca, come avrebbe desiderato lui.



Che bella e commovente storia. Se possiamo permetterci: come si sono conosciuti i tuoi genitori?

A Persico (che era il nome di battesimo del papà) non parve vero di trovare così avvenente la figlia del pescivendolo di Biasca, il cui nome per esteso faceva Sardina (che pure la mia mamma portava con fierezza, ma che quando poteva, elideva); così a 14 anni ha cominciato a “farle il filo”, con una robusta lenza, ovviamente (Elvis ridacchia). A 20 si sono sposati e sono rimasti attaccati l’uno all’amo dell’altro per una vita intera. 

Grazie per questo spaccato autobiografico. Ma, tornando a noi, ci dicevi che le anziane si recheranno per qualche giorno a Viggiù. E i nonnini?
Li porto tutti al Baar!

Dacci una spiegazione sensata…

Baar è un comune del Canton Zugo di ben 129 abitanti. I nostri due pullman riescono quasi a raddoppiarne il numero. Ma portare i nostri vecchietti al Baar li farà sentire come a casa loro.

Ci parli sempre troppo poco della pia gioventù del “Pio Isitituto”.
I miei ragazzi li porto tutti nel cuore, uno a uno. È per loro che ho creato l’oratorio festivo.
Stavolta ti sei proprio sbagliata: si dice oratorio estivo!
Non capite proprio un
Ostermundigen! (temevamo un insulto volgare: invece è una città nei pressi di Berna, dalla pronuncia così ostica che la suora spesso usa per dare l’idea all’interlocutore di trovarsi proprio “fuori dal seminato”). Se profferisco l’espressione oratorio festivo, appositamente a quella mi riferisco. Durante la settimana, quando le scuole sono chiuse, i ragazzi lavorano nei campi, coi loro genitori: al sabato e alla domenica, ci penso io a farli divertire.

E come?

Quest’anno, come ho già fatto in moltissime altre occasioni, li porterò ad Allaman, sul lago di Ginevra. Qui la gente è sempre stata molto cortese, accogliente e gentile, con la mia gioventù. Proprio “alla man”. E il posto è molto bello!
Nella tradizione dei nostri incontri, ci vogliamo salutare con una ricettina da regalare a chi legge il Sussi?

Volentieri! La ricetta si chiama Ferragosto a Dicembre!
Interessante…
Ingredienti: latte, sale, caglio e mosto d’uva: li si mette a… stagionare e ci si rivede a Natale. Per dell’ottimo formaggio e del vino assai generoso.

Ma a Ferragosto, dove si va a mangiare?
In piazza! Qui Biasca serviamo la pizza del Biascatano.

Stupiscici con la tua spiegazione.

Il Biascatano è Ciro Bernasconi, biaschese doc per parte di padre, napoletano verace per parte di madre. La sua “pizza accendi e riaccendi” non teme confronti…

Elvis, noi non abbiamo capito di cosa si tratta…

Ho cercato di dirvelo in svizzero (traduzione: in italiano), ma non viene bene: “accendi e spegni” in lingua biascatana (un patois – si legge patuà – che è un misto di dialetto ticinese e partenopeo) fa “Appizza e arripizza”. Che è anche il nome del locale del nostro Ciro.

Suora, ci hai convinti: a Ferragosto torniamo!
Ma prima dovete passate dal negozio del Ciro, per la prenutaziùn. Vi aspetto numerosi, voi e i vostri lettori! 

Lettoràstri, per la precisiùn!

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