A distanza di una settimana, c’è ancora qualcosa da dire, al di là dei facili sfottò (dai quali ci asteniamo, non foss’altro per non perdere quanti, tra i nostri sparuti lettori, hanno il cuore a strisce bianconere) sull’impressionante lezione di gioco che l’Ajax a tratti ha saputo imporre a una squadra solida ed esperta come la Juventus? A guardarla in tv (e dal campo dev’essere stato anche peggio: “l’emozione non ha voce”, cantava Celentano, e neppure, ahimè, la vista dal vivo…), la squadra dei Lancieri di Amsterdam ha dato più volte l’impressione di giocare con un assai dinamico 5-5-3 in fase difensiva, che si trasformava in un asfissiante 6-6-4, per distendersi in un martellante 7-7-5 nell’occupazione degli spazi offensivi dalle parti di Szczesny.



Insomma, schemi di gioco forse mai visti prima d’ora su un campo di calcio… Capacità di movimento dei giocatori talmente impressionante da mettere in difficoltà persino il telecronista di turno, che ha però avuto modo di cavarsela con mirabolanti espressioni che non spiegano nulla, ma esaltano semplicemente il funambolismo di chi fa girare palla in maniera vorticosa, descrivendo azioni al limite… dell’ubiquità: “De Jong intercetta il pallone… appoggia su De Jong che di prima smista a De Jong… triangolo con De Jong… apertura al volo su De Jong che verticalizza subito su De Jong… sponda per De Jong che va alla conclusione con un potente tiro a giro”. E pensare che di De Jong in campo ce n’era uno solo, e magari è pure figlio unico!



Si è scomodato, e non “ad minchiam” (come avrebbe detto il compianto professor Scoglio, idolo dei tifosi genoani e non solo), il calcio totale del mitico Ajax di Johan Cruijff, quello in cui giocavano (siamo agli inizi degli anni ’70) terzini arrembanti come Suurbier e Krol, campioni eclettici come Neeskens e Muhren, e uno stopper come Barry Hulshoff, una specie di Hagrid, il mezzo gigante barbuto e nerboruto dei romanzi di Harry Potter… Ecco perché noi, curiosi per natura e amanti del bel calcio, abbiamo voluto approfondire.

Pensavamo di coglierlo in fallo, invece lo abbiamo trovato in giardino a battere punizioni a foglia morta. Stiamo parlando del solito Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose, pure di calcio, perché le ha rubacchiate qua e là sui campetti di mezzo mondo; ci ha dato una bella mano, anzi, per restare in tema, ci ha fornito un assist su un piatto d’argento. “Perché non parlate con il mio amico olandese Rob De Matt, filosofo che, insegnando Fenomenologie paranormali all’Università di Rotterdam, studia a fondo tutti quei fenomeni che a prima vista lasciano increduli? Lui vi spiegherà tutti i segreti dell’Ajax”.



Detto fatto, lo abbiamo contattato e Rob De Matt ci ha rilasciato questa illuminante, seppur veloce, intervista.

Professor De Matt, ha visto come l’Ajax ha battuto la Juve? Lei ha capito qual è lo schema di gioco degli olandesi?

Certamente, era tutto molto chiaro. I Lancieri di Amsterdam giocano senza macchia e senza paura. Ma per capirlo bisogna fare un passo indietro.

Tornare ai mitici Lancieri dell’Ajax di Cruijff?

No, a un altro lanciere, quello della pubblicità dell’Aiax Lanciere bianco.

Ci scusi… ma che c’entra il famoso sgrassante?

C’entra eccome. Perché l’allenatore ten Hag si è ispirato proprio a quella pubblicità.

Interessante. Allora prima ci parli un po’ di Erik ten Hag…

Erik ten Hag, che come dice il cognome significa “dieci caffè”, è un tipo tosto, che ama giocare per il gusto dello spettacolo. Il suo motto, di herreriana memoria (ma solo per l’assonanza) è “Moka la bala!”. Che starebbe a significare che, secondo le sue teorie, occorre in maniera continua e quasi ostinata… macinare gioco. Il suo credo calcistico è tutto contenuto in un libro non ancora tradotto in Italia: “Menare il Lan per l’Ajax”.

Cosa dice questo libro? Ma soprattutto: chi o cosa è il Lan?

Semplice: nient’altro che l’abbreviativo di Lanciere bianco. Certamente ricorderete la pubblicità del Carosello, no? Il Lanciere bianco era un cavaliere tutto bianco su un cavallo tutto bianco che si batteva per il trionfo della pulizia contro lo sporco più sporco. Una sorta di Zorro al contrario. Ecco, ten Hag si è ispirato al celeberrimo sgrassatore, che sua moglie, Ipanni Van Nettaa, soleva usare in tutta la casa, giardino e terreno di gioco, pardon… prato, compreso. La sua tattica, quell’idea di calcio che è alla base del suo credo, consiste semplicemente nello spazzare via gli avversari con tocchi puliti e mirati, niente palle sporche e movimenti in campo a strofinaccio.

A strofinaccio???

Sì, proprio così. Avete presente le massaie quando puliscono i vetri con lo straccio? Lo strofinare è passare più volte la mano su una superficie, premendo con più o meno forza. Un movimento circolare continuo, ma di ampiezza irregolare; applicato al rettangolo di gioco e sostituite le mani con i piedi, significa ritrovare il medesimo giocatore prima in difesa, poi a centrocampo, infine sotto porta, e poi ancora sulla trequarti, lesto a retrocedere sulla linea di retroguardia, magari come ultimo uomo, in marcatura sull’attaccante avversario. Una modalità di gioco da far girare la testa. Agli altri!

Visto che lei lo conosce così bene, che diavoleria si inventerà ten Hag nella doppia sfida in semifinale con il Tottenham?

Da quel che ne so, sta studiando un impianto di gioco ancora più orientato a strizzare gli avversari: un sistema chiamato Mocho Vileda, dal mitico allenatore sudamericano degli anni ’60, famoso per i suoi trionfi con i biancogigliati del Lysoform di Avellaneda. Ma non mi sorprenderei se dovesse ricorrere al già sperimentato metodo Rotowash, con la sua squadra che gioca su due sole linee. Alla stessa stregua di due potenti spazzole intercambiabili – ad eccezione, ovviamente, del portiere – i giocatori in campo assumerebbero la funzione di un’implacabile sistema a doppia trazione, in grado di ripulire il campo avanti e indietro: 180 minuti così, e della squadra di Pochettino non rimarrebbe più traccia. Semplicemente, polverizzati e smacchiati!