Donald Trump o Joe Biden? L’America in queste ore, come sempre quando in ballo c’è la scelta del nuovo inquilino della Casa Bianca, è con il fiato sospeso, in attesa di conoscere l’esito del voto di queste elezioni presidenziali. Come sempre, accanto ad alcuni Stati dove il risultato è praticamente scontato – in Kentucky, per esempio, solo Ken voterà per il candidato democratico, tucky gli altri riverseranno il loro voto su The Donald -, vi sono altri Stati dove la sfida si giocherà fino all’ultimo elettore. Non a caso per i maggiori istituti demoscopici la contesa sarà in bilico fino alla fine. Uno di questi è lo Utah, tanto che la previsione della vigilia è unanime: “Sarà una sfida molto combat-Utah!”.
Curiosità. Ma conosciamo questo stato un po’più nel dettaglio: si tratta del 13° stato come ampiezza e del 10° meno densamente popolato degli Stati Uniti. La sua economia si regge sull’industria tessile: stiamo parlando del massimo produttore di iUtah, come ben sapete impiegata nella fabbricazione di balle (utilizzate anche come fake news dalla stampa locale) e teli da imballaggio; non per niente la corsa con i sacchi è considerata sport nazionale. La popolazione locale, pur se tem-Utah per la sua proverbiale energia, morale ma soprattutto fisica (ecco perché si parla di forza br-Utah), è altresì molto socievole, prova ne è la batt-Utah sempre pronta.
Minoranze. Nello Stato è presente una consistente comunità ispanica, che ha il vezzo, se così si può dire, di approcciare il saluto con gli altri membri della propria etnia in maniera, oseremmo dire, cordialmente colorita: “Ola, nino de p-Utah!”. Le donne di questa etnia (ci perdonerete il giudizio solo apparentemente di stampo maschilista, perché suffragato da dati incontrovertibili), sono decisamente inclini a una eccessiva facilità di costumi: molte tra loro, giovani e non, sarà per arrotondare lo stipendio, scelgono spontaneamente la “professione” di prostit-Utah.
Capitale. Pur essendo Salt Lake City, è Provo, terza città in ordine di grandezza, a contenderne la fama: qui non solo si produce un gustosissimo formaggio, il Provolone (attenzione: si pronuncia “provoluàn”, niente a che vedere con l’omonimo della nostra tradizione casearia meridionale), confezionato da secoli con identiche modalità, tenute gelosamente sottotraccia, nonostante tentativi d’imitazione che metterebbero in crisi persino la nostra Settimana Enigmistica. Numerose grandi aziende alimentari americane hanno cercato di carpirne il segreto, a suon di dollaroni, ma sono sempre state rispedite al mittente con malcelato disprezzo: qui c’è gente cocci-Utah, che mai venderebbe segreti e tradizioni al primo forestiero arrivato.
Prodotti tipici. Volete che manchino? Assolutamente no! Vi segnaliamo le tre bevande che qui vanno per la maggiore: la sprem-Utah (a base di limone, che – attenzione – si pronuncia limuàn), la fond-Utah (costituita da “provoluàn” sciolto ad alte temperature, e lasciato raffreddare in tazze di terracotta, che spesso sostituiscono quelle riempite del latte della prima colazione), la cic-Utah (una tisana da bere calda, infuso d’erbe che la tradizione vuole sia mal digerito dai pensatori: intellettuali, critici, soprattutto filosofi).
Al voto. Come già detto, nello Utah i due candidati se la giocheranno all’ultimo voto. Già si sa che, per quanto spar-Utah, una quota di elettori non si recherà alle urne. Questo ne renderà ancora più incerto l’esito: ma ciò non minerà il grande senso di appartenenza che tutti i cittadini hanno nei confronti della grande nazione americana: così che se le cose dovessero andare in un senso o in un altro, dovesse essere riconfermato Trump oppure vincere il suo avversario Biden, il finale è pressoché scontato: la sera dopo l’elezione, i cittadini, come da tradizione, si riverseranno nei locali tipici. Dalla grande città, fino al più piccolo e lontano paesino di campagna, alzeranno i calici e brinderanno al presidente eletto: mai è poi mai rinuncerebbero a questa tradizionale bev-Utah!