Ciò che vi apprestate a leggere è un racconto dell’assurdo, scritto con i modi di dire tipici della nostra ricchissima lingua: la lettura magari darà del filo da torcere, ma non vogliamo darla a bere a nessuno, né far vedere i sorci verdi a chicchessia. È che a noi non piace dormire sugli allori, e stavolta, dovendo sposare una causa, scegliamo di fare le nozze coi fichi secchi. Allora… fate con noi un bel salto nel buio. E (speriamo) buon divertimento!
L’uomo con l’occhio di bue uscì di casa ben attrezzato. Appena fuori dall’uscio, si guardò immediatamente le spalle: non le vide, ma non se ne preoccupò più di tanto. Ad occhio e croce, lo zaino stava issato laddove doveva stare, i conti tornavano, dopo essere andati chissà dove. E comunque conoscevano la strada.
Guardò l’orologio, che non ricambiò. Vide che era l’ora di mettersi qualcosa sotto i denti, ma siccome a breve sarebbe finito sotto i ferri del dentista (e per questo se la faceva sotto), decise di non mangiare a ufo (alla faccia degli extraterrestri). Mangiare la minestra o saltare la finestra? No, meglio passare dalla porta dello studio odontoiatrico.
La donna con la coda alla vaccinara aveva il seno grosso, eppure non vi allevava serpi dentro. Sono tutta naturale, ripeteva alle amiche un po’ invidiose del suo profilo. E non stiamo riferendoci a quello facebook, ma a quello dello specchio.
Quella mattina era libera da prove, perciò decise di agire dietro le quinte. Chiuse la porta di casa, ed uscì dai gangheri. La sua idea di andare al mare era presto sfumata perché il suo fidanzato aveva tirato i remi in barca: l’aveva tenuta sulla corda (lei, e pure la barca), e non l’avrebbe slegata per tutto il resto della settimana. Ben presto, riuscì a liberarsi da questi pensieri e a rimanere in linea di galleggiamento.
E tuttavia, saranno stati i lunghi capelli raccolti, o forse la forte passione per i colori rossoneri, ma alla donna con la coda alla vaccinara venne un diavolo per capello: gli fosse capitato a tiro, avrebbe preso un toro per le corna (o magari anche una zebra per le strisce pedonali), gli avrebbe sputato il rospo proprio lì, davanti al suo naso, e gli avrebbe scavato la fossa, dopo averlo ridotto a un imponente mucchietto di ossa: praticamente, un ossimoro.
La donna con la coda alla vaccinara per calmarsi decise allora di telefonare alla sua migliore amica. Non si fosse decisa a farlo, probabilmente l’avrebbe fatta Franca. Franca infatti era la persona a cui era più affezionata: come una sorella.
Stai tranquillo, nonostante il lavoraccio ai canini, se tieni chiusa la bocca salverai la faccia. Rimettiti pure gli occhiali: occhio per occhio, dente per dente, disse il dottor Cascalasino all’uomo con l’occhio di bue. Grazie, dottore, gli disse. Mi farebbe un favore? So che non è il suo campo (che ne sai lei di un campo di grano?), ma darebbe un’occhiata a questa ciste che ho sul tendine d’Achille? Non la prenda sotto gamba, perché è sulla caviglia.
Ma certo, rispose il dottor Cascalasino. Guarda, fai così: cadi in piedi. Se la ciste non ti duole sotto una cascata così vigorosa, di certo non annegherai. Anzi, sai cosa ti dico? Con quei pantaloni perfettamente in tinta con le scarpe, i calzini ti calzano a pennello, calzo!
L’espressione assai colorita (non possiamo escludere che si possa apprezzare anche in bianco e nero) non turbò l’uomo con l’occhio di bue, che scese tranquillo dalla poltrona del dentista; salutò cordialmente, salì sull’ascensore e cadde dalle nuvole. Il volo finì con un delicatissimo atterraggio: ruzzolando dal pero atterrò su una balla di paglia. Sincera, però: era fatta di fieno per davvero. Alzandosi, approfittò per togliersi le pagliuzze di dosso, e soprattutto la fastidiosa trave conficcatasi nell’occhio di bue. Decise di vederci più chiaro, e di elevarsi: sarebbe andato in montagna. Avrebbe portato con sé l’indispensabile, così che il buio non lo costringesse a prendere lucciole per lanterne.
Franca non rispondeva al telefono. La donna con la coda alla vaccinara decise di lasciar perdere. E fu un’idea vincente. Levò le tende (avrebbe dovuto levare e lavare anche quelle del salotto una volta tornata a casa) e partì in quarta superiore: la maturità fatta molti anni prima la riportò dalle stelle alle stalle. Immediatamente sentì puzza di bruciato: era la stoppa che il contadino stava accendendo proprio in quella. La donna con la coda alla vaccinara salutò cordialmente il villano, così gentile da offrirle i prodotti del suo frutteto e delle sue vacche.
Assaggiò con contenuto entusiasmo, e non dette all’uomo grande soddisfazione: come si sa, al contadino non far sapere quanto sia buono il cacio con le pere. La campagna declinava verso la collina proprio mentre la donna con la coda alla vaccinara declinava l’invito a rimanere a bere un caffè corretto. Grazie, non sbaglio mai, gli disse, e lo salutò sui due piedi. Ne avesse avuti di più, si sarebbe accommiatata più velocemente. Tenere i piedi in due scarpe l’avrebbe aiutata nell’impresa? La collina declinava ed inclinava verso il monte. E la donna con la coda alla vaccinara sapeva di essere diretta là.
I colli liguri non fanno prendere granchi, e rendono pure pan per focaccia a chi ha il piacere di visitarli. E così fu per la donna con la coda alla vaccinara e per l’uomo con l’occhio di bue. Che finirono per incontrarsi laddove avevano convenuto: su una cima. Ovviamente, alla genovese. Fu proprio lì che i due fidanzati (sììì, ma… acqua in bocca, siamo pur sempre nei paraggi dei carruggi) ruppero gli indugi e si decisero al gran salto del fosso.
Ora, a distanza di qualche anno, pare si stiano a ruota a lungo, stringano i denti quando serve, e tengano duro. Due tipi non certo adusi a tirare i remi in barca, né tantomeno la cinghia, men che meno la corda. Spesso, invece, se serve alla causa comune, tirano l’acqua al proprio mulino. Prendono la vita con filosofia e anche in comportamento si meritano un bel voto.
Da coppia solida quale sono, fanno in modo che non piova mai sul bagnato. Si leccano le ferite, non nuotano nell’oro, pagano il fio quando serve, si mettono in buona luce vicendevolmente. E soprattutto non gettano mai la spugna.
Alla loro figlia hanno voluto mettere tanti puntini sulle i. Sarà per questo che l’hanno chiamata Miriviglisa?