Amici lettori e appassionati di cinema, che la forza sia con voi! Perché dopotutto, domani è un altro giorno. Eppure, a ben guardare, siamo o non siamo (sempre e comunque, aggiungeremmo noi) in missione per conto di Dio? Ma per non fare, da ComicAstri quali siamo, la figura di quelli che sono solo chiacchiere e distintivo, vorremmo chiudere questo incipit con una massima di quelle che lasciano il segno: la vita è come una scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti capita.
Contenti che vi hanno riaperti cinema e teatri? È vero che in questo anno e mezzo le grandi piattaforme (e lo diciamo con tutta la fatica a comprendere, fosse anche questione di streaming, la “connessione” tra estrazione del petrolio in alto mare e settima arte…) hanno fatto il loro dovere, però volete mettere la magia della sala buia, il popcorn, la gazzosa con la liquirizia a stringa (siamo di lontane origini oratoriane) e tutto il resto?
Perché al cinema, dentro la sala di proiezione, che sia multi o meno, col dolby, col 3D o vecchissima e scomoda, i film sono proprio un’altra cosa. Ci si lascia trascinare dal plot, dalla trama, come se il nostro spazio, il nostro tempo fossero un tutt’uno col grande schermo. E poi, al cinema, tutto va come deve andare…
Pensate, ad esempio, a “Mezzogiorno di fuoco”. E se il meteo avesse previsto brutto? Che ne sarebbe stato dello splendido sceriffo Will Kane (un quanto mai opportuno Gary Cooper)? Si sarebbe sposato ugualmente? Oppure avrebbe dovuto rinviare il duello perché il cattivo Frank Miller mica si sarebbe messo a cavalcare sotto il temporale? Senza contare che la pioggia placa anche gli animi più assetati di vendetta. E con quale altro nome sarebbe passato alla storia questo film? “Mezzogiorno di acquerugiola”? “Mezzogiorno di acqua a catinelle?”… Invece, e per fortuna, sappiamo com’è andata e a distanza di poco meno di settant’anni (la pellicola è del 1952), le cose sono andate come dovevano andare.
Perché nei film, soprattutto in quelli americani, la regola è aurea, le cose vanno sempre come devono andare: anche quelle che nella vita di noi comuni mortali non vanno proprio sempre così. Ed al contempo ci sono situazioni improbabili, o per meglio dire impossibili, che invece – una volta dato il fatidico ciak – sono acclarata convenzione, tacita intesa, prassi collaudata. Qualche esempio?
Avete mai notato quanto siano speciali le pallottole dei cowboys e delle “giacche azzurre”, che stincano tre indiani per ogni colpo sparato? E non succede solo nei film western: anche i poliziotti, i ranger, gli ispettoricallaghan o gli ethanhunt alle prese con le loro Mission impossible possono abbattere i “cattivi” contando sulle stesse armi. Ma chi le fabbrica? Se lo domanda, senza risposta, ogni volta che vede questi film, il dittatore nordcoreano Kim, che tanto le vorrebbe per il suo esercito. E dove si comprano? Forse al supermercato con la formula promozionale “spari uno e ne prendi tre”?
A proposito di sparatorie, poi, vogliamo affrontare il delicato tema delle morti nei film? Praticamente, la fase del coma è bandita. Chi muore, e deve perdonare o farsi perdonare un elenco sterminato di manchevolezze, fa in tempo a snocciolarle tutte, nel dettaglio, prima di tirare le cuoia. Mentre chi potrebbe dare utili indicazioni per la risoluzione di un caso (soprattutto nei film polizieschi) fa in tempo a pronunciare, senza fatica alcuna e del tutto comprensibilmente, “… il colpevole è…”, salvo poi esalare il respiro a un nanosecondo dall’affermazione più importante forse di tutta la sua vita (e di noi spettatori).
Oppure, ci avete mai fatto caso alle conversazioni telefoniche? Al momento del congedo, si chiude senza salutarsi. Nessun “Ciao… ciao… grazie… anche a te… saluta Maria… E tu Paola… grazie… grazie… a presto… a domani, allora…”. Mancando questi forse inutili convenevoli, a noi mortali la conversazione apparirebbe monca, e se un interlocutore sparisse senza un saluto rischierebbe di passare per villano. I registi vogliono risparmiare sulla bolletta? Queste formalità allungano i tempi della pellicola? Gli sceneggiatori sono tutti orfani e figli unici?
Ma c’è dell’altro. Vi siete mai accorti dell’importanza del ghiaccio? Che il protagonista arrivi in ufficio o rientri a casa, posizionata in bella vista spicca immancabilmente una brocca, contenente del ghiaccio, appena tolto dal freezer. Senza voler affondare troppo col moralismo (certo che bere un whisky alle dieci del mattino o prima di cena non è cosa che faccia bene alle nostre budella), la questione è un’altra: ma che tipo di ghiaccio è? Si tratta forse di una soluzione chimica che permette all’idrogeno e all’ossigeno di mantenersi nello stesso stato anche a temperatura ambiente? Oppure è presente in ogni pellicola, per contratto, un invisibile e perciò misterioso maggiordomo paragnosta il quale, ottanta o novanta secondi prima dell’arrivo dell’eroe, pone il ghiaccio nell’apposita brocca a favore di camera? E potremmo proseguire…
Insomma, Houston abbiamo un problema! Ma qui non c’è il tempo e lo spazio per affrontarlo, perché noi al cinema abbiamo visto cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e abbiamo visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di… chiudere il pezzo.
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