L’ossessione, la rabbia, la mente che si blocca e che si attacca ostinatamente ad un oggetto dal quale non riesce più a liberarsi, a staccarsi, dal momento che quell’oggetto ha smesso di essere “altro da sé” ed è diventato “parte di sé”: è questa, riassunta in estrema sintesi, la possibile dinamica psichica che ha trasformato Sara Del Mastro, 39 anni, di Legnano, in una criminale che ha circuito per mesi il suo ex fidanzato di dieci anni più giovane, fino a sfregiarlo con un bicchiere d’acido, sfregio che potrebbe costare al giovane – oltre che il proprio volto – addirittura un occhio.
Quello che è successo a Sara non è semplicemente malattia: ha una sua componente patologica, ma ridurlo a malattia significherebbe sottovalutarne la portata per l’esperienza e la vita di ciascuno. Quello che è successo a Sara è male, male allo stato puro, assoluto, male che sorge direttamente dalla volontà e dalla libertà umana, una libertà e una volontà certamente annichilite da circostanze difficili o ostili, ma mai – in fondo – annullate.
Il male c’è, esiste. Ed è diverso dal bene: si vede, si riconosce, percorre le nostre stesse strade, ce lo abbiamo addosso. L’errore più comune che tutti noi commettiamo di fronte al male è il tentativo di eliminarlo, di cancellarlo. Ma il male non si elimina, non si cancella, non si annulla. Il male rimane, permane.
Fa effetto oggi giorno sentire parlare di corruzione o di razzismo, di violenza o di bullismo: tutti fenomeni enormi, gravissimi, presenti senza “se” e senza “ma” nella nostra società, ma tutti fenomeni – appunto – incancellabili, intramontabili. È la percezione della radicalità e dell’inestirpabilità del male che manca a questo nostro tempo, è l’illusione di poterlo superare per legge, di poterlo annientare per decreto, con l’atto di un governo o la decisione di un giudice.
Il male non si elimina: è un antico vezzo delle favole distruggerlo e far vivere tutti “felici e contenti”. Per questo il cristianesimo avrà sempre una possibilità di vittoria nella storia: perché davanti al tema del male non invoca un’islamica purificazione, un ebraico olocausto o un orientale espiazione tra le leggi del karma. Gesù Cristo dinnanzi al male sfida l’inaudito e lo perdona.
La vera sconfitta del male è abbracciarlo, redimerlo, invaderlo col bene. Non un bene morale, non una serie di buone azioni che cancellano quelle cattive, ma un bene radicale, ultimo, un bene all’Io di ciascuno, un bene che improvvisamente mette a nudo tutta la fragilità dell’essere umano e lo apre al cammino del cambiamento, della conversione.
Solo il perdono vince il male. Anche se oggi, ne siamo certi, a Legnano questa frase risuona più come la richiesta di un miracolo che l’istinto di una promessa.