Oggi è la festa di san Tommaso d’Aquino. Non è facilmente immaginabile che, per celebrarlo, qualcuno vada a leggersi un paio di articoli della gigantesca Summa. Semmai, qualche zelante potrebbe aver voglia di riguardarsi le pagine a lui dedicate sul suo manuale di filosofia. Del resto, quelli più recenti gli dedicano sempre meno spazio. Ma c’è una strada più agile e perfino divertente. Leggersi il ritratto che al grande filosofo e teologo del XIII secolo ha dedicato la penna arguta e ficcante di Chesterton (edizioni Lindau).
Il creatore di padre Brown ammette subito di non essere un filosofo competente. E questo per il lettore è un vantaggio, in quanto anche i contenuti più ardui gli sono resi accessibili da una scrittura brillante e molto evocativa. Pur non essendo filosofo, Chesterton ha un obiettivo squisitamente filosofico nel suo ritratto: far capire la grandiosa «svolta» che il monaco domenicano ha prodotto nel pensieri cristiano e occidentale in genere. Una svolta paragonabile a quella realizzata qualche decennio prima su un altro versante da san Francesco, cui lo stesso Chesterton aveva dedicato un precedente volume.
In cosa è consistita questa svolta? «Tommaso d’Aquino è stato uno dei maggiori artefici dell’emancipazione dell’intelletto umano… L’essenza della dottrina tomistica è che la ragione è degna di fede». Tommaso, infatti, si oppone radicalmente ad ogni scetticismo e ad ogni dualismo tra pensiero e realtà. Realtà sempre in primo piano nella sua riflessione e mai piegata alla tirannia delle idee o alla corrosione di una spiritualità evanescente. Qui sta il valore della sua riscoperta di Aristotele, che gli ha permesso di «salvare l’elemento umano nella teologia cristiana… Il suo aristotelismo significava semplicemente che lo studio dei fatti più insignificanti portava allo studio delle verità più importanti». Ne consegue l’inossidabile «ottimismo» che, secondo Chesterton, attraversa tutte pagine dell’Aquinate: «Nessuno può capire la filosofia tomista, e neanche la filosofia cattolica, a meno che non si renda conto che la sua parte fondamentale è la lode della Vita, la lode dell’Essere, la lode di Dio in quanto creatore del mondo».
Chesterton non si nasconde, anzi enfatizza, il fatto che l’impostazione tomista è oggi, dopo il trionfo di una visione pessimista e scettica, del tutto impopolare e persino difficile da comprendere. Proprio per questo egli cerca di rendere accessibili alcuni principio basilari del modo di ragionare di san Tommaso. Memorabili al riguardo le pagine in cui Chesterton spiega il significato della parola Ens, partendo dalla costatazione del prato verde fuori dalla finestra fino a giungere alla constatazione della diversità delle cose, alla loro non eternità (che non ne cancella l’essere), a Dio. «Il bambino è consapevole dell’Ens. Molto prima di sapere che l’erba è erba, e che lui è lui, sa che qualcosa è qualcosa. È su questa inezia che Tommaso costruisce tutto il lungo processo logico, che nessuno è mai riuscito a contestare, su cui fonda tutta la logica della cristianità».
Il ritratto chestertoniano non è però un trattato di filosofia in pillole. I tratti umani e spirituali di san Tommaso sono tracciati con estrema vivezza e con profonda arguzia sono contrapposti a tanti nostri modi di penare irragionevoli. Molti sono gli episodi narrati e uno merita di essere ricordato. Narrano i biografi del santo che una volta la voce di Dio chiese a san Tommaso una ricompensa per il suo grande lavoro. «Lui – annota Chesterton – non era una persona che non voleva nulla; era una persona enormemente interessata a tutto… Tra le migliaia di cose che avrebbero veramente soddisfatto il suo vasto e gagliardo appetito per l’immensità e la vastità dell’universo… Tommaso, con un’audacia quasi blasfema che è tutt’uno con l’umiltà della sua fede, disse: “Voglio avere Te”».