Compiere cinquant’anni di pubblicazione è un bel traguardo per una rivista. Lo ha appena varcato La Nuova Europa, il periodico di Russia Cristiana. Era infatti l’inizio del 1960 quando padre Romano Scalfi e quattro amici sacerdoti – Adolfo Asnaghi, Ezio Cadonna, Enrico Galbiati e Pietro Modesto, che da tre anni animavano un piccolo movimento di interesse per la Russia – decisero di dotarsi di una rivista. All’inizio il nome era lo stesso dell’organizzazione che avevano impiantato – «Russia cristiana», appunto – e la cadenza mensile. Successivamente la rivista avrebbe cambiato nome e periodicità. Restando però fedele all’ispirazione originaria.
Che era molto semplice. Di Russia – o meglio di Unione Sovietica – in Italia si conosceva poco e male. Poco perché le notizie che arrivavano al di qua della cortina di ferro erano striminzite e rigorosamente filtrate dalla censura. Male perché anche quel poco veniva utilizzato propagandisticamente dal potente Partito Comunista Italiano e annessa schiera di intellettuali e giornalisti; e anche quelli «dall’altra parte politica» non mostravano molta voglia di capire, ma solo quella di trovare spunti denigratori del sistema sovietico, in funzione della propria battaglia in Italia.
Ma non era l’interesse per una completezza informativa che spingeva i cinque sacerdoti. Essi partivano da una passione struggente per la fede dei loro fratelli cristiani che vivevano in Urss. Nell’editoriale programmatico del primo numero monsignor Galbiati scrisse appunto che il loro puto di partenza era una certezza: la Russia è cristiana. Lo è per la millenaria storia di fede che si è svolta dopo il Battesimo della nazione avvenuto nel 988; lo è per la sterminata ricchezza di santità, di poesia, di riflessione teologica, di splendore liturgico che in quei mille anni si era accumulata. E lo è, dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, per l’incredibile testimonianza di martirio che i cristiani hanno saputo offrire.
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Due decenni prima che Giovanni Paolo II proponesse, con fortunata formula, la necessità che l’Europa tornasse a «respirare con due polmoni, quello dell’ovest e quello dell’est», il gruppo di Russia Cristiana – ben presto allargatosi a un consistente numero di laici – viveva quotidianamente questa dimensione realmente ecumenica. Certo non era facile conoscere e far conoscere il cristianesimo russo. A parte la difficoltà della lingua, molto della grande tradizione ortodossa giaceva in biblioteche consultate dai soli specialisti e si trattava, invece, di riesumarlo per farne comprendere la cruciale importanza per il cristianesimo attuale. A questo riguardo basti citare gli articoli di Galbiati sulla liturgia orientale e la riscoperta e riproposizione al grande pubblico di quel genio della fede che è stato Vladimir Solov’ëv.
Più difficile ancora era dar conto della presenza attuale del cristianesimo – sia cattolico che ortodosso – in Urss. I collaboratori della rivista compulsavano sistematicamente l’unica stampa accessibile, quella del regime, cercando di leggere tra le righe ciò che il regime stesso non voleva ammettere. Il ragionamento era semplice: se il partito comunista sovietico, anche dopo che Stalin aveva pesantemente perseguitato la Chiesa, continua nella sua violenta campagna anticristiana, significa che il cristianesimo in Urss è vivo. Constatazione confermata dai pochi e rocamboleschi viaggi che i redattori riuscivano a fare direttamente sul posto.
È stata questa attenzione a cogliere ogni pur piccolo germoglio di fede nel Paese del comunismo realizzato che ha permesso a Russia Cristiana di accorgersi, tra i primi in Italia, del fenomeno del dissenso, della letteratura clandestina, di autori di prima grandezza come Solženicyn o Brodskij. Ed è stata questa stessa disposizione positiva che ha consentito di non trovarsi disarmati e senza scopo quando il comunismo è crollato. Anzi, proprio allora, in assenza di costrizioni e gabbie, Russia Cristiana e la sua rivista hanno potuto esprimere a pieno la loro potenzialità. Così continua il dialogo col mondo ortodosso, lo scambio delle ricchezza spirituali delle due tradizioni, l’aiuto per la presenza missionaria. Insomma a cinquant’anni la rivista di Russia Cristiana ha ancora molto da dire. E noi molto da leggere.