La premier Giorgia Meloni ha accettato le dimissioni di Vittorio Sgarbi, sottosegretario ai Beni culturali che per l’Antitrust ha violato la normativa sul conflitto di interessi. «Trovo corretta dopo il pronunciamento dell’Antistrust» la scelta di dimettersi «per cui accolgo le dimissioni», l’annuncio arrivato dal Giappone, dove la presidente del Consiglio è impegnata per il G7. «Sono felice che abbia accolto le mie dismissioni ma io pongo una questione di tipo giuridico: quella della legittimità del ricorso al Tar da dimissionario», la reazione del critico d’arte. «La questione che io ho posto oggi non riguarda il mio rapporto con lei: io mi attengo a quello che mi dice, il problema è quello che dicono gli avvocati. Però – aggiunge – il ricorso lo farò il ogni caso». Sgarbi aveva tentato il contrattacco con una lettera a Meloni in cui chiedeva l’estensione dell’indagine sul conflitto di interessi «a tutte le istituzioni». Riguardo le dimissioni, era pronto a trattare. Ora si ritrova a precisare: «Confermo le mie dimissioni, che saranno esecutive alla fine del percorso amministrativo che prevede il pronunciamento del Tar dopo il mio ricorso. Me ne andrò anche nel caso di una sentenza favorevole. Intanto mi autosospendo».
«La lettera di dimissioni sto finendo di scriverla e la invierò al più presto a Giorgia Meloni, ringraziandola per essere stata estremamente sensibile e rispettosa», le dichiarazioni che Vittorio Sgarbi aveva reso a Zona Bianca domenica sera. Poi c’è stato un radicale cambio di rotta, in quanto il critico d’arte ha spiegato: «Dimissioni? Le ho solo annunciate: la mia agonia sarà lunga». Il critico d’arte è passato, quindi, al contrattacco: prima ha evocato il dietrofront, poi ha mandato a Palazzo Chigi, con carta intestata del ministero della Cultura, una lettera alla premier Giorgia Meloni. «Se il governo, per mano di un suo ministro (ripeto: di un suo ministro), ha promosso una indagine sul conflitto di interessi all’interno del governo (peraltro in base alla lettera anonima di un pluripregiudicato), è giusto che io chieda all’Antitrust che si estenda l’indagine a tutte le istituzioni, con gli stessi criteri».
LA LETTERA DI VITTORIO SGARBI A GIORGIA MELONI
La vicenda riguarda il cosiddetto “dossier Sgarbi” per i 17 incarichi ricoperti in contemporanea, a cui l’Antitrust ha lavorato per quattro mesi, arrivando ad una sentenza drastica: è incompatibile con l’incarico di governo, perché viola la legge Frattini sul conflitto d’interessi. Vittorio Sgarbi, che aveva già annunciato il ricorso al Tar contro l’Antitrust, nella lettera alla premier Giorgia Meloni parla di una sentenza «tanto “politicamente corretta”, quanto giuridicamente scorretta». Per il critico d’arte è incomprensibile come tenere una conferenza o la presentazione di un libro possa rappresentare «una violazione dei limiti di legge, generando una incompatibilità con la funzione ministeriale».
Pur ringraziando la presidente del Consiglio per il comportamento tenuto nei suoi confronti, mentre altri «hanno imbastito una vera persecuzione giornalistica e televisiva (con la tv di Stato!) sperando, con me, di mettere in soggezione te e il governo da te presieduto», lanciava il monito sull’estensione dell’indagine. Ma precisando: «Non per ritorsione, ma per rispetto delle istituzioni alle cui decisioni io mi sono rimesso». L’auspicio di Sgarbi è che la premier Meloni si faccia «garante della integrità del governo quanto a possibili incompatibilità, se a me non è consentito parlare e promuovere in ogni modo l’arte e le mie idee». Ora però arriva l’annuncio dal Giappone: Meloni ha accettato le sue dimissioni.