Vittorio Sgarbi, in un editoriale sulle colonne del Corriere della Sera, ha parlato della necessità di rispettare il vincolo di tutela su San Siro. Il futuro dell’attuale Stadio di Inter e Milan, infatti, è in discussione da quando le due società hanno iniziato a valutare la possibilità di creare un nuovo impianto, il cui progetto è stato approvato nei mesi scorsi. In merito a quel che ne sarà del Meazza, invece, c’è ancora un dibattito in corso. L’ipotesi più temuta è che possa essere demolito.
“Io non impongo, non ordino il mio pensiero, piuttosto leggo le carte del ministero e considero serenamente le ragioni della storia, invocando il rispetto della legge”, ha scritto il sottosegretario alla Cultura. Il riferimento, in particolare, è a quanto emerso due anni fa in una seduta congiunta dei Comitati tecnici scientifici del ministero dei Beni culturali all’unanimità, che concordarono «sull’esistenza di un valore fortemente simbolico per la città di Milano rivestito dallo stadio San Siro (indipendentemente dall’età del manufatto)» e chiesero di «considerare la possibilità di istituire un tavolo tecnico tra il ministero e il Comune di Milano, al fine di un confronto costruttivo finalizzato a salvaguardare la destinazione d’uso pubblica del bene, anche in considerazione della possibilità di apportare eventuali modifiche all’organismo pur nel mantenimento del carattere simbolico dello stadio e dell’intero plesso».
Sgarbi: “Salvare San Siro è obbligo di legge”. L’appello
Il parere dei Comitati tecnici scientifici del ministero dei Beni culturali finora tuttavia non è stato ascoltato. È per questo motivo che Vittorio Sgarbi, riprendendo le motivazioni esposte due anni fa, è tornato a chiedere di salvare San Siro dalla demolizione. “La Soprintendente, per ragioni non chiare, non dà seguito a questa indicazione che il tempo non cancella, e che attende di essere gerarchicamente istruita, oltre ogni incongrua valutazione politica”, ha scritto ancora. Il sottosegretario alla Cultura, in tal senso, è critico nei confronti di coloro che non hanno avviato l’iter affinché l’impianto possa ottenere il vincolo di tutela storico-relazionale.
È per questo motivo che è tornato a ribadire come la legge sia chiara sull’argomento, in quanto il Meazza potrebbe rientrare senza difficoltà tra quei beni che hanno “un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose”.