Sharon Stone nel corso dell’ultimo episodio del podcast inglese Table for two with Bruce Bozzi, ha raccontato, commossa, una particolare vicenda legata alla sua carriera. Tutto risale a quando uscì nelle sale il film Basic Instinct in cui lei interpretava la protagonista femminile. La pellicola fu apprezzata, ma anche aspramente criticata per una scena, in cui la Stone, scavallando le gambe durante un interrogatorio, mostrava all’interlocutore (e alla camera) di non indossare le mutande.
In quel periodo, inoltre, Sharon Stone era in rotta con il suo (poi ex) marito, Phil Bronstein, con il quale aveva adottato il piccolo Roan. Durante la causa di divorzio, ha raccontato, “il giudice ha chiesto a mio figlio, il mio piccolo ragazzino, ‘Sai che tua madre fa film di sesso?'”. In quell’occasione, racconta, “ho perso la custodia di mio figlio. È stato un abuso da parte del sistema, che mi ha giudicato che tipo di genitore io fossi, sulla base di quel film”. Fu un vero e proprio trauma per Sharon Stone, “sono finita alla Mayo Clinic per una forte tachicardia. Mi ha spezzato il cuore”.
Sharon Stone e la scena di Basic Instinct
Insomma, a causa di quelle che è a tutti gli effetti una delle scene più famose di Basic Instinct, Sharon Stone racconta che perse la custodia di suo figlio, mentre “adesso la gente va in giro senza vestiti sulla TV pubblica e per aver visto forse un sedicesimo di secondo di una mia possibile nudità”. Una scena, tra l’altro, di cui in passato aveva già raccontato un particolare retroscena, sostenendo che non fosse veramente prevista, ma che fu ingannata.
Nella sua biografia The beauty of living twice, Sharon Stone ha, infatti, raccontato che non si era veramente resa conto di cosa fosse stato girato fino alla prima proiezione pubblica. “Fu così”, scrive, “che ho visto la mia va*ina per la prima volta, molto tempo dopo che mi era stato detto: ‘Non si vede nulla, ho solo bisogno che tu ti tolga le mutande perché il bianco riflette la luce'”. Dopo aver assistito per la prima volta alla scena, Sharon Stone racconta di essere andata in cabina di regia “ho schiaffeggiato Paul (Verhoeven, il regista) in faccia, me ne sono andato, sono andato alla mia macchina e ho chiamato il mio avvocato, Marty Singer”. C’erano gli estremi per una denuncia, ma decise all’ultimo di rinunciare, “ero solo un’attrice, solo una donna”, e non fece nulla “perché era coerente con il film e il personaggio, e perché, dopotutto, l’ho girata”.