La svolta nel giallo di Terno d’Isola, con l’arresto del 31enne Moussa Sangare indagato per l’omicidio di Sharon Verzeni, è arrivata un mese dopo il delitto. Un mese di domande, paura e insinuazioni mediatiche che hanno coinvolto in prima persona il compagno della vittima, Sergio Ruocco, fin da subito finito nel cono dei sospetti dell’opinione pubblica nonostante per gli inquirenti non avesse nulla a che fare con l’uccisione della 33enne.



Il padre di Sharon Verzeni, insieme alla sua famiglia, lo ha sempre difeso sostenendo la sua totale estraneità alla morte della figlia e l’evoluzione dell’inchiesta gli ha dato ragione. Stessa linea ribadita da settimane dai genitori di Sergio Ruocco, fermamente convinti che non si trattasse di un femminicidio. Il papà del giovane è intervenuto in tv poche ore fa, intervistato a Zona Bianca su Rete 4, e ha sottolineato il dolore e lo sconcerto per quanto finora emerso dalle indagini: Sharon Verzeni sarebbe stata assassinata da un ragazzo a lei totalmente sconosciuto che già aveva manifestato condotte violente e che era stato persino denunciato dalla madre e dalla sorella per maltrattamenti.



Omicidio Sharon Verzeni: le parole del padre di Sergio Ruocco dopo l’arresto di Moussa Sangare

Il padre di Sergio Ruocco non ha mai avuto dubbi sul figlio, così come i genitori di Sharon Verzeni: “Su di lui ci ho messo la mano sul fuoco, mai sospettato che potesse uccidere la sua Sharon – ha dichiarato a Zona Bianca. Stavano costruendo la loro famiglia, avevano comprato casa e ora Sergio ha la vita dimezzata“. Vite distrutte, quelle di Sergio Ruocco e Sharon Verzeni, “da un delinquente“, ha aggiunto il papà del 37enne che a fatica, dopo settimane di pressing mediatico, ha ripreso a lavorare con un solo pensiero: trovare l’assassino della compagna. E la svolta intervenuta pochi giorni fa con l‘identificazione del presunto killer – lo stesso uomo ripreso in bici negli istanti successivi al delitto mentre si allontanava contromano dalla scena del crimine, in via Castegnate -, ha messo fine alle speculazioni sulla sua storia d’amore con Sharon e sulla genuinità del suo racconto e del suo alibi.



Gli investigatori hanno stretto il cerchio intorno al 31enne di origini maliane Moussa Sangare, cittadino italiano di seconda generazione ora indagato per l’omicidio e accusato di aver agito con premeditazione. Era stato già denunciato dai suoi familiari per maltrattamenti. Poco tempo prima di uccidere Sharon Verzeni, avrebbe minacciato con un coltello la sorella e i vicini di casa lo descrivono come un soggetto di cui avere paura.

Omicidio Sharon Verzeni, oggi l’interrogatorio a carico di Moussa Sangare

È atteso per oggi l’interrogatorio di garanzia a carico di Moussa Sangare. Il giovane, che per un mese avrebbe tentato di depistare le indagini, è chiamato a rispondere davanti agli inquirenti dopo la prima serie di ammissioni rese a margine del fermo di indiziato di delitto per l’omicidio di Sharon Verzeni. 

In un passaggio della sua confessione avrebbe dichiarato di averla colpita dopo averla vista camminare per strada, la notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi a Terno d’Isola, con le cuffiette “e guardava le stelle in cielo“. Non un movente dietro l’orrore: Sangare avrebbe detto di aver agito dopo essere uscito di casa con il chiodo fisso di accoltellare qualcuno, ossessione che emergerebbe dal ritrovamento di una sagoma in cartonato, nell’abitazione che aveva occupato abusivamente dopo essere stato allontanato dai parenti, con evidenti segni di una lama. L’ipotesi è che il presunto omicida di Sharon Verzeni si stesse “allenando” a sferrare coltellate mortali. Nel suo percorso di quella sera avrebbe incrociato prima due minorenni che, dopo essere stati minacciati, sarebbero riusciti a scappare. Poi la 33enne, che dopo il primo fendente gli avrebbe chiesto “Perché?“.

La Procura di Bergamo, che confida in una testimonianza dei due ragazzi per aggiungere ulteriori riscontri a quanto già acquisito a carico dell’indagato, ha lanciato un appello perché si facciano avanti e dicano cosa hanno vissuto ed eventualmente visto quella notte. Il quadro di elementi che grava sulla posizione di Sangare è appesantito dalla contestazione della premeditazione. Secondo chi indaga, era uscito di casa con l’intento di uccidere – scegliendo a caso la sua vittima – portando con sé non uno, ma ben 4 coltelli. È stato il suo racconto a portare gli investigatori al ritrovamento di quella che potrebbe essere l’arma del delitto, un grosso coltello da cucina sepolto vicino all’argine dell’Adda ora sottoposto agli accertamenti del RIS. Nel fiume, i sommozzatori avrebbero inoltre individuato e recuperato un sacchetto contenente degli indumenti riconducibili all’indagato.