Shein, emblema dell’ultra fast fashion con una produzione abbondante e prezzi stracciati, è finito nel mirino delle autorità internazionali. Martedì 14 novembre la sede francese dell’OCSE ha dato il via libera all’avvio di un procedimento contro la multinazionale cinese, presente da meno di dieci anni in Europa e accusata dalle ONG di mancato rispetto dei diritti umani e degli aspetti umani e ambientali nella sua attività. L’OCSE, che garantisce la corretta applicazione delle regole imposte alle imprese in materia di rispetto dei diritti umani, ha avviato il deferimento parallelamente a un’indagine avviata il 28 giugno dal Ministero dell’Economia francese che mira a identificare gli eccessi dell’industria tessile.
La procedura dell’OCSE mira ad avviare un dialogo tra le parti interessate – i deputati socialisti e la direzione globale di Shein – per verificare se il marchio è conforme alle normative internazionali e alle leggi francesi, in particolare quella del dovere di vigilanza. Il marchio ha accettato di partecipare alla discussione. Durante la pandemia, il marchio cinese avrebbe triplicato il suo fatturato, che sarebbe alla pari con quello del colosso spagnolo Zara. Shein è accusata però da numerose associazioni di negare i diritti umani dei suoi dipendenti, con giornate lavorative fino a diciotto ore e straordinari non retribuiti, spiega La Croix.
Shein: tutte le ombre sul marchio cinese
Shein è sospettata anche da un gruppo di parlamentari americani di trarre profitto dallo sfruttamento degli uiguri, un popolo Minoranza musulmana rinchiusa nei campi in Cina, come spiega La Croix. Sulla base di numerose inchieste giornalistiche e di ONG, la procedura avviata dal gruppo socialista e convalidata dall’OCSE mira solo a creare uno spazio di discussione con la società: al termine non potrà essere decisa alcuna sanzione. “Credo molto nelle regole commerciali” sostiene Dominique Potier, deputato del PS all’origine del deferimento, riferendosi alla legge francese sul dovere di vigilanza di cui è stato correlatore nel 2017.
“Il percorso del dialogo, anche se inadatto, non è inutile. È una leva aggiuntiva che mira a discutere il dibattito sulla commercializzazione dei prodotti Shein, per ascoltare le argomentazioni del marchio e per dare finalmente un volto a questa azienda…” spiega. Il marchio agisce molto opacamente: catene di approvvigionamento, nomi dei subappaltatori, figure aziendali e norme di sicurezza non sono note, spiega il quotidiano francese. Nonostante ciò, ha accettato di partecipare alla procedura dell’OCSE: presto, dunque, potremmo saperne di più.