Greenpeace: “Nei prodotti di Shein rilevante sostenze chimiche dannose”
Shein, il colosso cinese della fast fashion, è finito nuovamente al centro di numerose critiche in seguito alla scoperta, da parte di Greenpeace Germania, della presenza di sostanze chimiche dannose negli indumenti e negli accessori venduti sullo store online. Non è la prima volta che il modello produttivo e lavorativo del colosso cinese finisce nella bufera, e solo recentemente si è parlato parecchio dello sfruttamento dei lavoratori all’interno delle fabbriche, sottopagati e costretti a turni lunghissimi e massacranti, con una paga a cottimo.
Ma tornando un attimo indietro alla presenza di sostanze chimiche dannose nei capi venduti da Shein, l’associazione Greenpaece è giunta a questa conclusione dopo aver acquistato ed analizzato in laboratorio 47 prodotti, provenienti dagli store di Italia, Austria, Germania, Spagna e Svizzera. Il 96% di questi conteneva almeno un minimo residuo di una qualche sostanza dannosa, mentre il 15% (ovvero 7 capi) le concentrazioni di sostanze chimiche eccedevano i limiti di legge stabiliti da una normativa europea. Nel 32% dei prodotti, ovvero 15 capi, infine, è stata registrata una concentrazione “preoccupante” di quelle stesse sostanze. Nella fattispecie, si parla ftalati, formaldeide e nichel, considerati dall’Europa dannosi sia per l’ambiente che per la salute.
Shein: quali sono le conseguenze ambientali?
I rischi legati alle sostanze chimiche dannose trovate nei prodotti di Shein muovono su diversi fronti, che colpiscono sia la filiera produttiva, sia il consumatore, che l’ambiente in generale. Secondo quanto sottolinea Greenpaece con la sua ricerca, a pagare il prezzo più grosso per le sostanze chimiche sono innanzitutto i dipendenti del colosso del fast fashion, esposti costantemente a seri rischi sanitari, ai quali sono esposte anche le popolazioni che vivono nei dintorni delle fabbriche. Infatti, come sottolinea Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna anti inquinamento di Greenpeace Italia, al sito CanaleEnergia.com, “se troviamo quantitativi elevati di residui chimici (..) vuol dire che è stato fatto un massiccio uso di sostanze durante la produzione“.
“Nel caso dei capi d’abbigliamento”, avverte ancora Ungherese parlando del caso sostanze chimiche dannose nei prodotti di Shein, “è difficile mettere in correlazione la presenza di questi composti con l’insorgenza di determinate patologie”. Tuttavia, a limitarne la diffusione c’è quello definito ‘regolamento REACH‘ dell’Unione Europea, che indica i valori limite per ognuna delle sostanze chimiche ritenute dannose, nell’interezza dei prodotti commercializzati sul territorio dell’UE. Ed il problema è proprio qui, come si legge sul sito di Greenpeace, perché “questi prodotti sono da considerarsi illegali a tutti gli effetti“, mentre il colosso dimostrerebbe, utilizzandoli, il suo “disinteresse nei confronti dei rischi ambientali e per la salute umana”.