La guerra in Ucraina si poteva evitare secondo Shinzo Abe, che in una lunga intervista a L’Economist ne ha per tutti, anche per l’Onu, oltre che per Stati Uniti, Russia e Cina. «Se Zelensky avesse promesso che il suo Paese non si sarebbe unito alla Nato, o se avesse concesso un alto grado di autonomia alle due enclavi dell’est», allora l’invasione della Russia sarebbe stata evitata, secondo colui che è stato il primo ministro più longevo nella storia del Giappone, avendo ricoperto tale carica dal 2012 al 2020. «Capisco che questo sarebbe difficile da fare, forse avrebbe potuto farlo un leader americano. Ma ovviamente (Zelensky, ndr) si sarebbe rifiutato». Ora che la guerra però è purtroppo realtà, l’unica strada da percorrere per Shinzo Abe è quella «di stare dalla parte dell’Ucraina e di opporsi completamente all’aggressione della Russia. Questo è il modo per proteggere l’ordine internazionale che abbiamo creato dalla fine della Seconda guerra mondiale». Il problema è che non è solo la Russia a sfidarlo, c’è pure la Cina. «In termini di potenza economica, la Cina è sicuramente più preoccupante. Data la situazione attuale, è probabile che la Russia perda il suo potere e diventi un partner minore della Cina».



In poche parole, dunque, Shinzo Abe ha mosso una critica al presidente ucraino e messo in dubbio la leadership statunitense. D’altra parte, ammette che trattare con il presidente russo Vladimir Putin è a dir poco complicato. Nell’intervista ha spiegato il motivo, avendolo incontrato circa 27 volte. «Non credo che ci siano molte opzioni in questa situazione. Credo che sia una persona che crede nel potere e allo stesso tempo è realista. Non è il tipo di persona che persegue gli ideali o fa sacrifici per le idee».



“ONU DOVREBBE SERVIRE A EVITARE CONFLITTI”

Interessante è anche il passaggio in cui Shinzo Abe analizza l’impatto della guerra in Ucraina sul Giappone. «Innanzitutto, la realtà è che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non funziona se il Paese in questione (quello aggressore, ndr) è un membro permanente del Consiglio. In Giappone, l’idea che l’ONU debba esercitare il suo potere e lavorare per prevenire questi conflitti o per affrontarli dopo che sono avvenuti è stata un’idea diffusa», ha detto a L’Economist. Ma il popolo giapponese si è reso anche conto, secondo l’ex primo ministro, che pur potendo contare sull’aiuto degli alleati, in una situazione simile, combatterebbe da solo, come sta facendo quello ucraino.



Recentemente, comunque, ha anche sollevato la questione della condivisione del nucleare, da cui il Giappone potrebbe trarre dei vantaggi. «Paesi come la Germania, il Belgio, l’Italia e i Paesi Bassi assicurano la loro deterrenza schierando armi nucleari nei loro Paesi e permettendo alle loro forze armate di sganciarle. Non dovrebbe essere un tabù discutere di questa realtà». Serve anche una discussione con gli Stati Uniti, visto che il Giappone è circondato da tre potenze nucleari, Russia, Corea del Nord e Cina.

SHINZO ABE SU COREA DEL NORD, CINA E TAIWAN

«Se la Corea del Nord crede che l’America non reagirà, il rischio di un attacco nucleare contro il Giappone aumenterà. Non dobbiamo farglielo credere. A tal fine, è importante che il Giappone e l’America discutano a fondo e chiariscano che l’America si vendicherà a nostro favore». La cooperazione è fondamentale anche in relazione all’espansione militare della Cina. D’altra parte, il Giappone dovrebbe modificare alcuni aspetti delle sue relazioni con gli Stati Uniti: «Dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento di lasciare tutte le questioni militari all’America. Il Giappone deve assumersi la responsabilità della pace e della stabilità, e fare del nostro meglio lavorando insieme all’America per raggiungerla». Non poteva mancare un riferimento al caso Taiwan: «Dista solo 100 km. In caso di attacco armato a Taiwan, la Cina dovrebbe entrare nello spazio aereo giapponese per assicurarsi la superiorità aerea. Si verificherebbe sicuramente una “situazione critica” ai sensi della Legge sulla pace e la sicurezza, e noi forniremmo supporto logistico all’esercito americano».