E’ di pochi giorni fa la notizia che in Germania c’è stato il primo sì del governo alle linee guida per la legalizzazione della cannabis. Il documento va ora sottoposto alla Commissione europea, dove la prima cosa da verificare riguarderà proprio il termine, perché liberalizzazione, legalizzazione o depenalizzazione non sono la stessa cosa.



E’ importante aver chiaro che non si tratta di una semplice questione lessicale. Eppure lo stesso documento pubblicato dall’Esecutivo tedesco contiene delle evidenti contraddizioni, tanto che da un lato parla di “Linee guida della legge sulla liberalizzazione della cannabis in Germania” e poco dopo afferma che “Il governo tedesco vuole regolare il consumo e la produzione della cannabis, per depenalizzarla e proteggere meglio anche la salute dei giovani…”.



Se non si coglie la differenza tra i due termini, si può giungere a negare l’elemento fondamentale su cui si regge tutto il dibattito parlamentare tra chi è a favore e chi è contro; tra chi crede che l’uso ludico della cannabis sia del tutto innocuo e chi invece pensa che possa nuocere, anche gravemente, alla salute, ma il rimedio migliore, la terapia più efficace per affrontare la dipendenza da cannabis non sia il carcere.

Chi vuole liberalizzare la cannabis intende anche ricavarne un profitto per lo Stato, contrastando gli interessi degli spacciatori, ma nega che la cannabis faccia male. Chi parla di depenalizzazione ha ben chiaro il danno che si produce alla salute di una persona e quindi la responsabilità di chi vende droga: la “spaccia” e sa altrettanto bene che spesso il confine tra il consumatore e il piccolo spacciatore è molto sottile e cerca misure alternative per un intervento efficace. Non si deve dimenticare che legalizzare la cannabis porterebbe entrate e risparmi pari a 4,1 miliardi, ovviamente se si prescinde dai costi che deriverebbero dai danni alla salute per le persone che ne diventerebbero dipendenti.



La normativa sulle droghe leggere

La legalizzazione della cannabis è da sempre un tema che polarizza la politica in Italia: a sinistra, si spinge per legalizzare; a destra, si spinge per impedirlo.

La normativa sul possibile uso della cannabis, in realtà, varia da paese a paese, in funzione di diversi aspetti, primo tra tutti il motivo per cui si ricorre al suo consumo. Sono molti i Paesi che hanno legalizzato l’uso terapeutico della cannabis e tra questi è compresa anche l’Italia, che ha legalizzato la cannabis solo dopo il segnale internazionale lanciato dalle Nazioni Unite a fine 2020, quando ha riconosciuto il valore terapeutico della cannabis e l’ha rimossa dalla tabella delle droghe pericolose. Di gran lunga meno sono i Paesi che hanno legalizzato l’uso ricreativo della cannabis; tra loro: Canada, Georgia, Malta, Messico, Sudafrica, Thailandia, Uruguay e alcuni degli Stati Usa.

Il vero problema

Il vero problema in tutti questi paesi è l’aumento esponenziale delle persone che, facendone uso, non riescono più a farne a meno e vedono i margini della loro libertà e della loro autonomia assottigliarsi velocemente con il trascorrere degli anni. Il ministro della Salute tedesco, Karl Lauterbach, in conferenza stampa a Berlino, ha affermato: “Il consumo della cannabis è aumentato. L’anno scorso 4 milioni di persone hanno fatto uso di cannabis in Germania. Nella fascia di età fra i 18 e i 24 anni a farne uso è il 25%”. Ossia un giovane su quattro, con un effetto moltiplicatore drammatico che rileva il doppio potere insito nell’uso della cannabis: la contagiosità, intesa come crescita orizzontale, trasversale, che porta i giovani a coinvolgere altri giovani in un consumo di gruppo in crescita continua, e la crescita intensiva, verticale, che induce ogni consumatore di cannabis a cercare prodotto a tossicità crescente per una maggiore concentrazione del principio primo contenuto anche nelle singole dosi.

Nel documento con le linee guida della legge sulla liberalizzazione della cannabis appena approvato dal Gabinetto del ministro in Germania, si prevede infatti che si possa essere in possesso di una quantità della sostanza ad uso personale ricreativo entro i 30 grammi. Ossia è cambiata la destinazione del consumo: non più terapeutica, ma ludica, ed è cambiata la quantità del prodotto che si può avere ad uso personale, arrivando fino a 30 grammi.

Il ministro ha evidenziato la sua preoccupazione sui danni a medio-lungo termine che possono scaturire dal consumo di cannabis, soprattutto per i più giovani e ha sottolineato come sia ancora oggetto di studio prevedere una soglia limite di Thc sotto i 21 anni. Ha parlato anche della sua piena consapevolezza del legame che esiste fra uso continuativo della cannabis e possibile insorgere di malattie come schizofrenia e psicosi. E lo ha fatto citando un’ampia e qualificata letteratura scientifica, per cui ha aggiunto: “Anche per questo sono stato sempre contrario in passato alla depenalizzazione, ho cambiato idea solo nell’ultimo anno e mezzo”.

Messo alle strette, davanti a una situazione di espansione dei consumi di cannabis che finora non si è riesciti a controllare, ha capovolto completamente la sua posizione, proponendo l’uso ludico della cannabis e il relativo e ambiguo processo di liberalizzazione e di depenalizzazione. La politica precedente non ha avuto nessun successo in Germania e il consumo della cannabis è aumentato anche fra gli adulti, creando una tendenza che va nella direzione sbagliata. Il paradosso che propone lascia comunque davvero sorpresi, quando afferma che “La legalizzazione dell’uso personale della cannabis a scopo ricreativo potrebbe andare di pari passo con una maggiore informazione anche sugli effetti collaterali, per proteggere meglio la salute, soprattutto nei giovani”.

Il che è come dire: so e sono pienamente convinto che la cannabis ti faccia male, ma poiché non riesco a impedirti di assumerla, ti lascio libero di farlo; ma nello stesso tempo ti spiego perché ti fa male e tu, sperimentandone gli effetti negativi, potrai convincerti che è meglio non usarla.

Il fatto è che tutti conosciamo e contrastiamo gli effetti della guida mentre si fa uso di droghe; sappiamo fino a che punto tanti incidenti che costano la vita ad altri sono conseguenza diretta dell’uso e abuso di droghe in chi era alla guida. Scoprirlo dopo che una persona è rimasta gravemente ferita, magari con una disabilità permanente, o addirittura è morta, può essere illuminante, ma non riparerà mai i danni prodotti. E sappiamo pure come sia frequente il calo di rendimento scolastico in chi fa uso di droghe, al punto di indurre anche all’abbandono scolastico, o ad episodi di violenza, in cui il bullismo di gruppo crea episodi di gravità tale da interessare le cronache ad ampio raggio.

Fallite le politiche di prevenzione, manca una strategia condivisa ed efficace

Impossibile negare quanto sia difficile intervenire in chiave preventiva sulle droghe, assai meno leggere di quanto non appaia ad uno sguardo iniziale. Il ministro della Salute tedesco ha chiaramente affermato il fallimento delle politiche preventive fino ad ora applicate in Germania, ma la soluzione da lui proposta attraverso le linee guida non sembra affatto convincente. Appare come una rinuncia su tutta la linea: sì all’uso della cannabis a scopo ludico; sì all’aumento del consumo personale, sì all’aumento della concentrazione del principio attivo.

Tutto ciò, pur sapendo che esiste un assai probabile legame con patologie gravi ad alto rischio per la salute mentale; ben conoscendo come tanti comportamenti disadattivi sono amplificati dall’uso delle droghe; senza ignorare l’enorme giro di interessi che ruota intorno alle droghe di ogni genere e tipo, perché è molto facile che si inneschi un processo di escalation che fa passare da una droga a un’altra sempre più pesante e meno facile da gestire.

Ma il ministro della Salute tedesco non sa cosa fare e preferisce cedere le armi; rassegnarsi, sperando che i giovani imparino dai loro stessi errori, anche se questi potrebbero essere irreparabili. E’ una grossa sfida sul piano dell’educazione alla salute, della formazione e della prevenzione, ma non saranno queste linee guida a marcare un processo a evoluzione positiva. Il timore è che accelerino quelle spinte disgregative che sono già in atto e che non aiutano né il singolo ragazzo, né il gruppo in cui è inserito, né la società di cui fa parte. Mentre la famiglia, la scuola e ora lo stesso ministero della Salute dichiarano il loro fallimento e abbandonano le nuove generazioni a se stesse.

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