Mattia Coffetti, esperto di sicurezza informatica e tecnico del suono, si è fatto impiantare cinque microchip sottopelle per testare delle nuove tecnologie che potrebbero rivelarsi molto utili in futuro. L’utilizzo che ne fa, come riportato da La Stampa, è quotidiano. “Mi semplificano la vita”, ha rivelato. Ad esempio, ne ha uno sulla mano per pagare velocemente e un altro per aprire la porta di casa senza chiavi, nonché per entrare in palestra senza tessera.



Il trentacinquenne di Brescia si è sottoposto a questo esperimento in modo spontaneo, in quanto è un sostenitore dell’integrazione delle nuove tecnologie nel corpo umano. È per questo motivo che ci tiene a sfatare dei falsi miti. “Non contengono localizzatori e funzionano esattamente come quelli che troviamo sulle tessere dei bancomat o delle carte di credito che tutti abbiamo già nel portafoglio. Installarlo sotto la propria pelle permette di poter uscire senza portare nulla con sé e pagare ciò che si acquista”. Il prezzo delle operazioni non è stato neanche esorbitante. Il chip per i pagamenti è costato ad esempio “solo” 200 euro. A impiantarglieli sono stati dei centri specializzati in piercing.



Si fa impiantare 5 microchip sottopelle per testare nuove tecnologie: la storia di Mattia Coffetti

Mattia Coffetti, l’uomo che si è fatto impiantare cinque microchip sottopelle per testare le nuove tecnologie nel corpo umano, ha ammesso che alcuni di questi non hanno una funzione specifica. “Alcuni microchip sono puramente estetici, come il magnete e il led, e non servono a nulla, altri mi facilitano le azioni di tutti i giorni”. È proprio il primo che desta parecchia curiosità in coloro che lo incontrano. “Ho visto con i miei occhi persone provare ad attrarre oggetti per dimostrare la tesi dell’impatto magnetico del vaccino anti-Covid e ho testato le loro reazioni usando la calamita che ho impiantato nella mia mano”.



Il suo esperimento, tuttavia, non è finito qui. L’esperto di sicurezza informatica è intenzionato a continuare a fare da “cavia” con la speranza di aprire le porte a una nuova frontiera. “Pensate a un microchip che contenga tutte le informazioni sanitarie: sarebbe utilissimo, così come uno che monitora i parametri vitali. Credo che con questa integrazione abbiamo solo da guadagnarci: come un computer lancia un’allerta quando qualcosa non funziona, un domani potrebbe essere la tecnologia impiantata nel nostro corpo a segnalare che c’è qualcosa che non va bene, permettendo di intervenire in tempo”, ha concluso.