Manager ingannato: il figlio non è in realtà il suo

Non è una storia di divorzio come tante quella di un manager pubblico, sposato con una dipendente di un’alta istituzione. Quando l’amore tra i due è finito, è arrivata anche una scomoda confessione che ha cambiato per sempre le vite dei due, ma anche del figlio, o almeno, di quello che l’uomo credeva fosse suo figlio. Il divorzio, infatti, è sfociato in una questione che presto è finita davanti al gip del Tribunale di Roma. Ma facciamo un passo indietro. I due si conoscono, si innamorano e hanno un figlio che viene cresciuto con amore, affetto e importante attenzioni che la situazione economica della famiglia, permetteva. Istruzione raffinata, hobby, sport di un certo livello.



L’amore, però, a volte finisce. Così la coppia si logora e decide di divorziare, ma tra liti e insulti, arriva anche la confessione della donna: quel figlio, non è del marito, manager pubblico, ma di un amante rimasto nascosto per anni. La verità viene a galla solamente quando lei decide di confessare tutto al marito, poco prima del divorzio. E apre la strada ad una situazione giuridica difficile, come ci racconta il Corriere della Sera.



Manager ingannato: il caso finisce in Tribunale

Dopo aver scoperto le menzogne della moglie, il manager pubblico trova la propria vita sconvolta. Non solo sta per perdere quella che pensava sarebbe stata la sua compagna per la vita, ma anche quel figlio che credeva fosse suo. Lei, la dipendente di un’alta istituzione, rivela di aver mentito in modo tale da assicurare al figlio tutti i privilegi di un’esistenza confortevole e sicura. L’uomo decide così, certamente non senza dolore, di revocare al figlio la podestà genitoriale e di denunciare la sua ex alla magistratura. Così la separazione approda nelle aule di un Tribunale.



Qui però la storia si complica e il pm si trova di fronte a un dilemma: esercitare l’azione penale pur sapendo che rischia di separare un adolescente da sua madre dopo che ha già perso il padre. Non è un nodo facile da sciogliere. La donna è iscritta sul registro degli indagati per falso in stato civile. La menzogna perpetrata per anni ha avuto il suo punto di partenza nell’atto che reca la sua firma nel quale si dichiara la paternità del ragazzo. Un falso. Si rischiano fino a due anni di carcere. La signora, spiega il Corriere, viene ascoltata dal pm che ha effettuato l’indagine. La sua difesa risulta fragile: spiega che ha fatto tutto ciò per proteggere il minore, per assicurargli una collocazione sociale elevata. Tutto questo, però, non può giustificare l’illecito commesso, secondo il pm. Così il magistrato decide di chiedere il processo per la donna, con l’ormai ex marito che si costituirà parte civile. Lui, insieme al figlio.