Battibecchi in queste ore tra Meta, la società che controlla i servizi di rete di Facebook e Instagram, e la Siae ( la Società Italiana degli Autori ed Editori ). L’Ansa e tutti i media stanno infatti riportando la notizia del mancato rinnovo dell’accordo tra le due aziende, comportando la rimozione di tutti i brani di musica italiana dai due social gestiti da Meta. A seguito di ciò sono seguite rispose piccate dell’una e dell’altra società. Le motivazioni precise non si conoscono. Sappiamo solo che un portavoce Meta ha affermato come non sarebbe mancato l’impegno di un successivo tentativo nel raggiungimento di un accordo con la Siae “che soddisfi entrambe le parti”, sottolineando anche come la tutela dei diritti d’autore di compositori e artisti rappresenti per la società una priorità. Null’altro è trapelato al riguardo.



Inevitabile sarà dunque l’impatto sui reels e sulle stories di Instagram e Facebook, almeno con riferimento ai brani che fanno parte del repertorio Siae. Nessun provvedimento verrà preso invece nei confronti delle altre tracce. Nei prossimi giorni si assisterà dunque al blocco dei relativi contenuti su Facebook e al silenziamento di quelli su Instagram.



La risposta della Siae e il commento di Mogol

Alla decisione di Meta è immeditatamente seguita la risposta della Siae, che ha lasciato intendere come si tratti di una scelta “unilaterale e incomprensibile” vista la negoziazione ancora in corso. La società italiana ha anche mostrato massima disponibilità nel sottoscrivere l’accordo di licenza in piena trasparenza.

Nel comunicato la Siae ha infine voluto rendere noto come l’accordo, in realtà, mancasse già da gennaio 2023, e come la stessa abbia finora sempre cercato di raggiungere un’intesa in buona fede. Tra le righe ha quindi poi lasciato intendere come la mossa di Meta sia rivolta a giocare sulla propria posizione di forza alla ricerca di un prezzo più basso, che però si sarebbe ripercosso sull’industria musicale italiana. Nella querelle si è inserito anche il paroliere Mogol (all’anagrafe Giulio Rapetti), ponendo anch’esso l’accento su un discorso di natura economica: “Queste piattaforme digitali guadagnano miliardi e sono restii a pagare qualcosa agli autori, che vivono di diritti”.