L’allarme dell’analista USA: “Oggi siamo in una nuova Guerra fredda”
La storia, secondo molti illustri analisti, storici ed esperti di vario genere, è un loop che si ripete, un susseguirsi di eventi più o meno simili (ma spesso con ‘attori’ diversi dalle due parti della barricata): ne sono una dimostrazione il crollo dei grandi imperi del passato, ma anche il ripetersi di quella prima (terribile) guerra mondiale dopo poco più di 20 anni e, ora (almeno secondo l’analista Niall Ferguson) con il ripetersi del copione della Guerra fredda. La storia, insomma, si ripete, ma la cosa peggiore è che (a differenza di quanto ci hanno sempre detto ed insegnato) nessuno sembra aver colto gli insegnamenti del passato, per evitare il ripetersi di situazioni come lo sterminio degli ebrei, oppure la divisione di Berlino con un muso di mattoni e filo spinato.
L’analisi di Ferguson parte proprio dal ricordare che la prima volta che abbiamo assistito ad un conflitto ‘freddo’ tutto scoppiò dopo la guerra in Corea nel 1950 e culminò con la già citata separazione di Berlino. Con un salto avanti di oltre 70 anni, si potrebbe dire che la prima fare della Seconda guerra fredda è stata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 che ha aperto (come la sua gemella di quasi un secolo fa) alle rivalità tra un occidente sempre più disgregato ed un oriente sempre più unito.
Niall Ferguson: “La Cina è la nuova URSS, mentre USA e UE sono deboli”
Le similitudini tra le ‘vecchia’ e la ‘nuova’ Guerra fredda quasi non si contano nella lunga riflessione di Niall Ferguson, che cita tra le tante la base ideologica del conflitto, la corsa tecnologica (all’epoca l’esplorazione spaziale e le armi nucleari, oggi l’Intelligenza Artificiale e la guerra spaziale) e soprattutto le divisioni internazionali; ma con una particolarità: il copione degli anni ’50 procede oggi molto più velocemente, tanto che oltre 30 anni sono stati vissuti nell’arco di appena 2 (partendo sempre dalla guerra Ucraina-Russia come riferimento). Dall’altra parte, però, nota ancora Ferguson, le differenze sono ancora maggiori e (sicuramente) più importanti, come il ruolo economico della Cina (ben diverso da quello dell’URSS all’epoca); la debolezza economica europea (all’epoca inesistente come blocco coeso) e le difficoltà degli USA in materia fiscale.
Le conseguenze economiche per l’Europa di una nuova Guerra fredda
Andando oltre ai ragionamenti di Ferguson, l’inserto Domani ha pubblicato un’interessante riflessione sulle conseguenze del nuovo conflitto, ricordando che la fine della Prima guerra fredda aprì all’espansione economica occidentale: si ricorderà che dalla caduta del Muro di Berlino si aprì al commercio con la Cina, mentre le enormi risorse economiche spese in Difesa furono riallocate per sostenere la produzione che permise il famoso boom economico e (non da meno) le persone furono libere di muoversi tra gli stati. La Seconda guerra fredda, invece, apre ad uno scenario più difficile, sia dal punto di vista geopolitico, che (e nuovamente soprattutto) da quello economico.
L’Europa, infatti, oggi fatica a completare quella necessaria unione federale, portando avanti il sogno dell’indipendenza dei 27, a discapito di una politica sulla difesa che sembra essere irrealizzabile perché necessita di un debito comune (ed è nota l’opposizione all’ipotesi di stati come l’indebitata Germania). La chiusura di quei confini con la Cina floridi per il commercio, poi, causerà (e già lo fa) un aumento dei costi (su tutti i livelli: dall’energia, alle materie prime, fino ai prodotti di consumo) e un conseguente ovvio aumento dell’inflazione: i più attenti avranno già immaginato che questo significherà nuove politiche fiscali europee restrittive, con gli effetti che ci sono già ben noti in questo periodo.