L’ATTRICE E REGISTA SIBILLA BARBIERI È MORTA IN SVIZZERA CON IL SUICIDIO ASSISTITO
L’attrice e regista romana Sibilla Barbieri è morta negli scorsi giorni in una clinica in Svizzera tramite suicidio assistito dopo che l’Asl di Roma aveva rifiutato di concedere l’aiuto medico alla morte volontaria previsto dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Marco Cappato-Dj Fabo. L’annuncio è stato dato dall’Associazione Luca Coscioni che ha seguito il caso di Sibilla Barbieri, accompagnandola fino alla clinica svizzera con il senatore Marco Perduca e con il figlio dell’attrice: «La donna, malata oncologica terminale e anche consigliera dell’associazione, aveva deciso di intraprendere il viaggio all’estero in seguito al diniego della Asl romana cui apparteneva di usufruire dell’aiuto medico alla morte volontaria», si legge nel comunicato della Coscioni.
Circa verso metà settembre la struttura sanitaria locale aveva comunicato la decisione a seguito degli esami della commissione ad hoc: Sibilla Barbieri, secondo la Asl, non possedeva tutti e 4 i requisiti previsti dalla sentenza Cappato\Dj Fabo della Corte costituzionale per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita. Nello specifico, per poter ricevere il sostegno medico atto all’eutanasia della paziente, Sibilla non aveva il requisito della dipendenza da trattamento di sostegno (macchinari) vitali. «Questa è una discriminazione gravissima tra i malati oncologici e chi si trova anche in altre condizioni non terminali», ha denunciato la regista nell’ultimo video pubblicato online prima del viaggio in Svizzera.
EUTANASIA, CAPPATO E IL FIGLIO PERDUCA BARBIERI SI AUTODENUNCIANO MARTEDÌ: COSA SUCCEDE DOPO LA SENTENZA DJ FABO
Sibilla Barbieri ha dunque deciso dopo il no della Asl romana di ottenere aiuto andando in Svizzera, «perché possiedo i 10mila euro necessari e posso ancora andarci fisicamente. Ma tutte le altre persone condannate a morire da una malattia che non possono perché non hanno i mezzi, perché sono sole o non hanno le informazioni, come fanno? Questa è un’altra grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio».
Ad organizzare il viaggio verso la clinica per il suicidio assistito legale in Svizzera c’erano appunto Marco Cappato, tesoriere della Associazione Coscioni, il senatore radicale Marco Perduca e il figlio dell’attrice originaria di Roma: tutti e tre hanno annunciato che martedì mattina si autodenunceranno presso la stazione dei carabinieri Roma Vittorio Veneto e rischiano fino a 12 anni di carcere proprio per aiuto al suicidio. Cappato si autodenuncerà in quanto legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile che ha organizzato e sostenuto il viaggio di Sibilla Barbieri.
Dopo avere verificato con il dottor Mario Riccio la documentazione medica che Sibilla Barbieri aveva prodotto, spiega l’Associazione Coscioni, è emerso che invece Barbieri era sottoposta a plurime forme di sostegno vitale: «abbiamo presentato opposizione al diniego, informando i dirigenti dell’azienda sanitaria […] ma non vi è stata nessuna risposta da parte dei dirigenti ASL». Per questo motivo, conclude l’avvocatessa Filomena Gallo dell’Associazione pro-eutanasia, «Solo venerdì 3 novembre (quando Barbiera era già morta), abbiamo ricevuto il parere del Comitato Etico che conferma la sussistenza per Sibilla Barbieri dei requisiti indicati dalla Corte costituzionale». Il caso Barbieri, come quello Dj Fabo e come i tanti altri casi di malati terminali che chiedono allo Stato l’aiuto per morire, resta un “vulnus” ancora scoperto per una situazione legale, sociale e sanitaria tutt’altro che “chiara”: di recente i vescovi delle 15 diocesi del Triveneto in una nota condivisa con la Pastorale della Salute, hanno sottolineato come al netto dei singoli casi sempre tutti necessari da comprendere, valutare e dettagliare, «auspicabile che si possa sempre assistere il malato, mai farlo morire. Si rimane molto perplessi di fronte al tentativo in atto da parte di alcuni Consigli regionali di sostituirsi al legislatore nazionale con il rischio di creare una babele normativa e favorire una sorta di esodo verso le Regioni più libertarie. Destano anche preoccupazione i pronunciamenti di singoli magistrati che tentano di riempire spazi lasciati vuoti dal legislatore».